Dopo l’exploit dell’estate 2017, a Pietrasanta il guru della ristorazione Filippo Di Bartola e il nuovo chef Diego Poli portano avanti l’idea di una cucina contemporanea, di ricerca, che solletica le emozioni del commensale facendo leva su memoria olfattiva e menu personalizzati
Avevamo raccontato qualche tempo fa come a Pietrasanta – la “piccola Atene” della Versilia, in Toscana – c’è chi è stato in grado di proporre una cucina contemporanea, di tendenza e di ricerca, raccontando l’avventura di Filippo Di Bartola, patròn del ristorante “Da Filippo” e dell’annesso cocktail bar “Mud” nel centro storico pietrasantino, in via Barsanti. Rispetto ad allora qualcosa è cambiato: non nello stile, come vedremo, ma negli interpreti. Con una costante imprescindibile: un lavoro di ricerca e analisi che trascende l’aspetto meramente gastronomico.
Nello spazio che un tempo ospitava un’autofficina (con tanto di traversine rimaste sul soffitto) e poi una nota galleria d’arte, Filippo Di Bartola ha ricavato sia un cocktail bar affidato alla mixologist del giovane barman Thomas Cecere (con esperienze a Forte dei Marmi e soprattutto a Londra) sia un ristorante, che da qualche mese è diventato feudo del giovane chef pietrasantino Diego Poli, classe 1988, e una vaghissima somiglianza con Riccardo Scamarcio.
Con un totale di 45-50 coperti complessivi, la new wave in cucina è affidata alle mani di un pasticcere prestato ai fornelli (e qualcosa mi dice che il prestito difficilmente verrà restituito, consegnando stabilmente il buon Diego al novero dei chef), pietrasantino di nascita. È stato lui, in accordo con la filosofia di Filippo e con la consulenza artistica di Tano Pisano, a portare avanti l’idea di un menù strutturato come una sorta di “prova di fiducia” che gioca su cinque materie prime (nel nostro caso c’erano scorfano, pollastra, cipolla, puntarelle e geranio) e sulla conseguente capacità dello chef Diego di preparare più piatti con quelle basi: una traccia che è una sfida sia per chi sta in cucina, sia per l’avventore già avvezzo all’effetto sorpresa.
In alternativa, il cliente di Filippo Pietrasanta meno disposto a concedersi alle sperimentazioni può orientarsi sulla più rassicurante carta. Un altro segno di attenzione è dato dal fatto che spesso la fase finale dell’impiattamento non avviene in cucina ma direttamente al tavolo, dove ad esempio viene servito il burro (made in Palagiaccio) in tre aromatizzazioni differenti: sale, rosmarino, fave di cacao (foto in alto). Oppure l’uovo strapazzato con essenza di geranio, erbe spontanee e brodo di cozze (foto in basso).
Pensiamo invece a un’altra creazione di Diego Poli, che si è fatto le ossa all’ombra di un maestro come Luca Landi al Meo Modo: il risotto di legumi con cereali, luppolo ed orzo tostato (due degli ingredienti principali della birra, per intenderci), mantecato con un infuso al luppolo: un piatto che gioca su consistenze diverse, non per tutti i palati, frutto di quel lavoro di ricerca e analisi che accennavamo in precedenza.
Insomma, una sfida ai sensi del commensale che invita a un costante rimando a sapori, profumi, geometrie, accostamenti inusuali e materie prime di recupero. Il merito di questa formula – innovativa, ma non così tanto da andare sopra le righe – è di Filippo, che in giro per l’Italia (dopo un’esperienza all’Enoteca Pinchiorri e da Lorenzo, a Forte dei Marmi) ha appreso come una spugna i trucchi del mestiere e carpito i piccoli e grandi segreti che rendono unico un ristorante. Con queste premesse, nonostante il centro storico pietrasantino conti già oltre una trentina di strutture, il locale di Filippo Di Bartola si candida anche quest’anno ad essere uno dei punti attrattivi della cittadina, sia per gli habitué che per i turisti di passaggio. E nel frattempo, per i 10 anni della “Brigata di Filippo” arrivano i piatti storici dell’altro locale by Filippo: polpettine, roastbeef, tordelli e così via.
Filippo Pietrasanta
via Padre Eugenio Barsanti
Pietrasanta
Tel. 0584/70010