sabato 27 Aprile 2024
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Pizzeria Lo Spela: in Chianti la cucina gourmet applicata all’arte bianca

Grazie al connubio tra il pizzaiolo Tommaso Mazzei e i fratelli Niccolò (chef) e Mattia Ferrazzani (sala), a Greve in Chianti la pizzeria Lo Spela è un esempio di equilibrio tra l'attenzione agli impasti e ai topping, con proposte d'ispirazione fine dining a partire dal "petto d'anatra" premiato dal Gambero Rosso

Esistono situazioni, nell’universo gastronomico – toscano, nel caso specifico, ma il discorso ha valenza generale – che per mille motivi tendiamo a dare per scontati: luoghi e personaggi che rimangono talvolta all’ombra della ribalta mediatica, per i motivi più diversi, ma che una volta scoperti ci si accorge non essere secondi ad altri ben più blasonati dalla critica di settore.

E’ il caso della pizzeria Lo Spela a Greve in Chianti (Firenze): non solo possiede i Tre Spicchi della guida del Gambero Rosso, ma appena l’anno scorso si è anche aggiudicata il premio come miglior pizza degustazione in Italia grazie alla sua “Petto d’anatra”, ideata da una collaborazione tra il pizzaiolo Tommaso Mazzei e lo chef Niccolò Ferrazzani, di stanza a Bangkok che da anni lavora in ristoranti pluristellati di Dubai, Londra e Singapore. La pizza si compone di un petto d’anatra cotto a bassa temperatura, accompagnato da fiordilatte, spinacino fresco, carota viola aromatizzata al gin e salsa al whisky.

Da quel riconoscimento che ha acceso i riflettori su Lo Spela è passato un anno, e vale ancor più la pena scoprire il velo su questa pizzeria “di provincia” e sui suoi interpreti, per toccare con mano uno stile e un’attenzione ai dettagli tutt’altro che ordinari. Anche se da queste parti il termine gourmet viene utilizzato il meno possibile, Lo Spela fa del fine dining applicato al mondo della pizza la sua cifra distintiva.

E’ vero, l’arte di portare ingredienti “gastronomici” sulla pizza è una tendenza ormai consolidata, nella fascia alta della categoria. Ma quando si tratta di applicare i principi della cucina contemporanea all’arte bianca – utilizzando il disco quasi come fosse un piatto da portata, o come una tela su cui un pittore è chiamato a posare i colori – c’è chi ha portato questo trend a un livello d’assoluta eccellenza.

Il valore aggiunto de Lo Spela non sta in una persona sola, bensì, in un “gioco a tre” tra i fratelli Niccolò (1992) e Mattia Ferrazzani (1991), con quest’ultimo chiamato a occuparsi della sala e degli abbinamenti con vino e birre dopo essersi formato al Four Seasons di Firenze, ed il già citato cugino Tommaso Mazzei (1995). Dal lavoro congiunto dei tre si genera la “magia” che ha reso Lo Spela uno dei migliori esperimenti di pizzeria gastronomica in Toscana e non solo.

Il menù de Lo Spela rispecchia la volontà di porsi come un unicum nel panorama della provincia fiorentina: anche nelle classiche (dalla Margherita alla Marinara, da 6 a 12,50 euro) così come nelle proposte signature – Alici di Cetara, salsa di pomodoro al forno, capperi, olive taggiasche, origano biologico, oppure o Baccalà in oliocottura, pellicola di bietola, mozzarella fior di latte, zucchina e basilico (foto in alto) – da 9 ai 12 euro, la scelta è tra la cottura al vapore e quella “alla romana”, nel forno elettrico, che coniuga leggerezza e croccantezza. Da circa sei mesi entrambe le opzioni sono disponibili anche in versione gluten free, peraltro. Un cenno a sé lo merita il capitolo del menù dedicato alla doppia cottura (vaporiera e forno elettrico) con prezzi che oscillano tra i 13 e i 29 euro.

Dal momento che la condivisione è uno dei principi delle pizze gourmet, non c’è da stupirsi che ogni spicchio de Lo Spela debba contenere tutti gli ingredienti. Il che va benissimo per tavoli da quattro commensali in su, ma potrebbe essere limitante per una coppia: è proprio per garantire una più ampia varietà di assaggi anche per i tavoli da due che i titolari hanno pensato a un paio di percorsi degustazione. Il primo, più tradizionale, è il “Via di casa”: tre pizze divise in 4 spicchi ciascuna (al posto dei canonici 8) più un dessert, proposto a 50 euro; il secondo, più sperimentale, è la “Strada non battuta” (a 65 euro) con alcune delle proposte a maggior tasso di creatività.

Qualche esempio? Tra le pizze con topping gastronomici basti citare l’abbinamento tra lardo e katsuobushi, con friggitelli e scamorza affumicata, impreziosito da una percentuale di vinaccia nell’impasto. Sempre in tema di impasti anticonvenzionali c’è poi la panatura al mais che fa da base per la pizza con gambero rosso, burrata, zucchine marinate e semi di girasole: il risultato è una pizza croccante, leggera e fresca. In questo capitolo va annoverata la “Petto d’anatra”, che ancora oggi – con le opportune variazioni stagionali – rappresenta il fiore all’occhiello della pizzeria chiantigiana. Noi, ad esempio, l’abbiamo assaggiata nella versione con fiordilatte, bietolina scottata e albicocca fondente.

A Greve in Chianti dal 2019, da quando raccolse l’eredità di Paolo Pannacci e ripensò Lo Spela riorganizzandolo a sua immagine quasi fin dalle fondamenta, è lo stesso Tommaso Mazzei a raccontare il proprio stile: “Rispetto alla pizza al vapore, con idratazione del 75% – spiega – prediligo sempre più spesso quella romana che arriva fino all’85%, perché ha una superficie meno liscia, in grado di reggere meglio il topping. Mi piace pensare allo Spela più come a un laboratorio di tecniche di panificazione che di pizzeria tout court”. Se le sue fonti d’ispirazione oscillano tra Pannacci e, per la romana, il guru Simone Padoan de “I Tigli” nel veronese, alla base di ogni pizza gastronomica c’è il confronto tra Tommaso e Niccolò.

Anche se tra i progetti futuri non è escluso uno sbarco a Firenze, oggi per Lo Spela la vera sfida è continuare a riempire i suoi 120 coperti in una location non certo ottimale, almeno da un punto di vista logistico. Ed è forse questo il primo merito dei titolari della pizzeria di Greve in Chianti, tutt’altro che scontato nella realtà della provincia fiorentina: aver saputo coltivare e fidelizzare una clientela “educata”, in grado di capire il valore di spendere cifre importanti per concedersi una pizza con ingredienti premium e un complesso lavoro alle spalle.

Nulla di nuovo? Forse, ma ricordiamo che per realizzare una singola pizza al piccione, ad esempio, viene utilizzato un intero animale (foto in alto). Infine, nel quadro delle diverse specializzazioni dell’alta pizzeria (la napoletana, alla pala, quella col pairing, fino alle versioni griffate come la Piciaccia di Gabriele Dani, gli uramaki di Manuel Maiorano o la pizza-bistecca di Marco Manzi) la pizza romana è forse oggi quella che gode di una percezione generale meno diffusa e/o osannante. Una sfida, quindi, ma da queste parti è pane (pardon, pizza) quotidiano.

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Marco Gemelli
Marco Gemelli
Marco Gemelli, classe ’78, giornalista professionista dal 2007. Dopo anni come redattore ordinario al quotidiano Il Giornale della Toscana, dove si è occupato di cronaca bianca e nera, inchieste, scuola e università, economia, turismo, moda ed enogastronomia, è passato alla libera professione. Oggi collabora con diverse testate online e cartacee, tra cui Il Giornale, Forbes, l'Espresso, Wine & Travel. È membro della World Gourmet Society e dell’Associazione Stampa Enogastroagroalimentare Toscana (Aset), nonché corrispondente italiano per Lust Auf Italien.

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