giovedì 28 Marzo 2024
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Quisitapas Firenze: il tapas bar del Westin Excelsior convince a metà

Abbiamo provato il tapas bar Quisitapas del Westin Excelsior, a Firenze: dopo aver letto di “tapas di lusso in porzioni abbondanti e a prezzi contenuti” le aspettative erano alte, e solo in parte sono state soddisfatte

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Quando si fanno le cose per bene, e soprattutto quando si ha già in cucina gente del calibro di Matteo Lorenzini (chef del ristorante Se.Sto on Arno, sulla terrazza con vista panoramica, di cui parliamo qui), le legittime aspettative di chi vuol mangiar bene sono sempre molto alte. Lo erano anche quando abbiamo saputo dell’apertura del tapas bar Quisitapas in piazza Ognissanti, e – non avendo potuto sperimentarlo personalmente all’inaugurazione per la stampa, purtroppo – abbiamo voluto verificare quanto letto online qualche tempo più tardi, ossia di “tapas di lusso in porzioni abbondanti e a prezzi contenuti”. Bene, alla fine possiamo dire che le aspettative stavolta sono state soddisfatte solo in parte.

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Di sicuro sono state soddisfatte per la questione delle “tapas di lusso”, almeno. Tralasciando quelle all’italiana e concentrandosi sull’offerta gastronomica di ispirazione spagnoleggiante, il menù offre accanto ad alcuni must della categoria – il polpo alla gallega o la paella valenciana, ad esempio – una serie di proposte sfiziose come l’insalata andalusa con gamberi grigliati o il baccalà al riso nero e nuvola di profumi di campagna, oppure ancora il salmorejo con uova di quaglia e prosciutto.

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Ebbene, la preparazione delle tapas era effettivamente di elevata qualità. Merito di Manuel Sanchez Jimenez, chef 29enne sivigliano, tapasista pluripremiato, finora ai fornelli dello storico hotel Alfonso XIII di Siviglia. Nonostante il prezzo unitario non fosse economicissimo ma neppure poi così distante da quello di un tapas bar normale – da 6 a 12 euro, e comunque in linea con gli standard del Westin Excelsior – le “porzioni abbondanti” non erano però esattamente tali. Il polpo alla galiziana, in particolare, ma anche l’insalata andalusa. Buone entrambe sì, ma con prezzi medi di 8 euro è facile che per dar soddisfazione al palato il conto salga senza quasi rendersene conto. In fondo c’è bisogno anche di bere, per accompagnare le tapas, e se con un Negroni si resta sui 12 euro, un cocktail con bollicine francesi può arrivare a 15 euro e un’acqua naturale a 4 euro.

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Da segnalare – rispettivamente come piatto freddo e caldo – i già citati salmorejo (una crema di pomodoro più densa del gazpacho) e il baccalà al riso nero (e dire che considero il risotto al nero di seppia di Matteo Lorenzini da standing ovation), mentre la paella era francamente un po’ overcooked e troppo poca (il limone nella foto in alto ne mostra le reali proporzioni), considerato che l’unico gambero al centro del tegamino occupava da solo il 20% del piatto. Anche il polpo alla galiziana, fosse stato più abbondante delle canoniche quattro forchettate, forse sarebbe rimasto più impresso. Le tapas sono assaggi, è vero, ma con la stessa cifra altrove ci si gusta un piatto regular-size.

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Il resto del menù oscilla tra la Copa de Gazpacho e il Jamón ibérico de bellota guarnecido con variedad de tostas, aceitunas y tomate triturado, tra la Tortilla española con pimientos de padrón, all’Autentico serranito de pluma ibérica con patatas pajas, fino al Capuchino ibérico al aroma de trufa. Come dessert, la Crema catalana in versione di cremosa espuma Mélon y sandía a la menta.

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In conclusione, lasciando anche da parte l’efficienza delle sinergie di gruppo (sono passato dall’hotel St. Regis, proprio di fronte e della stessa proprietà, ma alla reception non avevano idea di cosa e dove fosse Quisitapas) e la schiacciata davvero troppo soffice, ovviamente nessuno può entrare al Westin Excelsior aspettandosi di spendere poco, questo è chiaro. Tuttavia un conto che solo di tapas (cinque) e bevande (due) rasenta gli 80 euro – e che li avrebbe superati se avessimo preso dolce e caffè – lascia pensare che forse a Firenze l’esperienza del tapeo si può fare anche altrove con analoga soddisfazione, non tanto per il portafogli quanto per lo stomaco. Non è questione di rimpinzarsi la pancia, intendiamoci, ma dell’approccio stesso legato alle tapas: sono fatte per essere gustate e apprezzate nella loro varietà, tutte in un locale oppure saltando da uno all’altro, e non è pensabile dover applicare per esse gli stessi schemi di un pasto ordinario (antipasto, primo, secondo, dolce) pur di non sforare un ragionevole tetto di spesa.

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