giovedì 28 Marzo 2024
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Roba piccante: sedici sfumature… di peperoncino

Oggi raccontiamo un po’ di cose sul peperoncino e sul suo uso in cucina. A molti piace, ma pochi si limitano all’equazione “più è piccante, meglio è”. Nulla di più sbagliato. Ecco come imparare a conoscere ed apprezzare la capsaicina e i suoi derivati…

peperoncino piccante

Cinquanta sfumature di grigio? Macché… Sedici sfumature di piccante. Non perché siano effettivamente queste, le diverse gradazioni di “bruciore” presenti nel peperoncino, ma perché tante sono quelle che adesso sono – con un po’ di allenamento – in grado di riconoscere, con buona pace delle mie papille gustative. Oltre non credo di poter andare, tradendo parzialmente le pur legittime aspettative dei miei avi calabresi: del resto, al mondo esistono circa 4000 tipi diversi di peperoncino, e vista la facilità con cui i semi di questa pianta si ibridano, ogni giorno spuntano varietà nuove tutte ancora da identificare e nominare. Tanto che il volume dove sono raccolte e catalogate le differenti specie di peperoncino, considerata la “bibbia” degli appassionati, è piena di “unknown”, sconosciuto. Se finora avete sostenuto l’assioma secondo cui “più è piccante, meglio è” oppure avete tentato di dar prova (?) di virilità ingurgitando a tavola peperoncini in quantità industriale pur di stupire gli ospiti, sappiate che la vicenda è decisamente più complessa. Come in amore “le dimensioni contano” ma fino a un certo punto, così nel valutare il piccante occorre tenere in debita considerazioni molti altri fattori oltre a “quanto bisogna metterne sulle pietanze” per arrivare ad avere un palato foderato d’amianto.

peperoncino piccante

Abbiamo scoperto il mondo del peperoncino entrando dalla porta principale, l’azienda toscana Peperita (www.peperita.it) di Rita Salvadori, e accompagnati per mano da uno dei massimi esperti della materia, il buon Paolo Valdastri. Lungo la costa livornese, a metà strada tra Cecina e Bibbona, c’è il campo dell’azienda, l’unico sottratto all’altrimenti imponente coltivazione di olivi (16mila alberi) dell’impresa di famiglia. Un quadrato di terra di sei ettari tappezzato da 50mila piante non più alte di sessanta centimetri e cariche di frutti gialli, verdi e rossi, ma anche color cioccolata e dorati. A vederla da vicino, la piantagione ricorda un po’ i contrasti verdi-rossi che si potrebbero trovare in un campo di fragole o su un albero di ciliegie. Invece vengono coltivate più di 50 varietà, di cui 16 commercializzate e le altre in continua sperimentazione.

peperoncino piccante

La prima scoperta è che peperoncino non è solo sinonimo di piccantezza pura, ma questi frutti contengono uno spettro di sapori in grado di esaltare le caratteristiche di profumo e gusto dei cibi più diversi. E non solo per quanto riguarda il prodotto consumato fresco, preso dalla pianta nel ristretto periodo dell’anno in cui viene effettuata la raccolta, ma anche una volta polverizzato, tritato o trasformato in creme e patè. Ogni peperoncino ha il proprio sapore, la propria piccantezza – causata dalla capsaicina, una sostanza alcaloide – e può dunque essere abbinato a diversi cibi, divisi in tre grosse famiglie (carni, pesce e pasta/verdure), e a vini.

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Il primo passo per conoscere qualcosa di più sul peperoncino è imparare a distinguere i diversi tipi di prodotto. La radice è uguale: nascono tutti dall’America Centrale e il Sudamerica, poi sono stati portati in Europa da Cristoforo Colombo e da lì hanno trovato spazio nelle coltivazioni in India, Estremo Oriente, ecc… Quelli commercializzati da Rita Salvadori – tutti biologici e biodinamici – spaziano dalle piccantezze delicate dell’Aji e del Banana Pepper (adatti a frutta e cruditè di verdure) a quelle medie dell’Erotico o della Caienna (perfetti per zuppe, verdure e nel secondo caso anche sughi, stufati). Proprio la Caienna è il nome corretto del tipico peperoncino calabrese, ad esempio, buono sulla pasta al pomodoro o per il “classico” olio al peperoncino. Poi si continua con le piccantezze medie del Jalapeno, da usare per salse e intingoli e lo speziato Scotch Bonnet (che trae il nome dal “berretto scozzese”), adatto a grigliate di carne e pesce. Il livello sale con l’Habanero, dall’aroma deciso, adatto a sughi e arrosti: ne esistono le versioni Fatali (profumo di vaniglia), Red Savina (sapore vegetale) e Chocolate (con cui oltre al colore ha anche un abbinamento privilegiato). Tra i più piccanti al mondo ci sono poi il Bhut Jolokia e il Naga (nelle versioni Morich, Chocolate e Yellow, con quest’ultimo che risulta dolce al primo assaggio ma poi rilascia un fuoco dilagante) entrambi perfetti per arrosti e sughi. La piccantezza estrema si trova infine nel Seven Pod (“sette pentole”, perché si dice che uno solo sia sufficiente per condire sette pentole di sugo a base di carne), il Trinidad Scorpion e il Trinidad Scorpion Moruga Yellow, il cui nome deriva dalla punta simile a quella coda di uno scorpione.

peperoncino piccante

Come riconoscere se un peperoncino è piccante? La prima regola, la più importante, è che in generale un peperoncino dalla superficie rugosa è decisamente più piccante di uno dalla superficie liscia. Sfatiamo un paio di miti: la piccantezza non sta nei semi né nella punta, tutt’altro: la zona più piccante è la “placenta”, la zona centrale cui sono attaccati i semi. Per far andare via la piccantezza, poi, non serve acqua né tantomeno se bevuta a ettolitri: meglio un po’ di pane, dell’olio se non addirittura latticini come yogurt e formaggi. Infine il luogo comune che vede il peperoncino come afrodisiaco: non c’è alcuna sostanza particolare, ma è un effetto dovuto all’esotico, al colore e alla forma. Non ci credete? Ecco il Peter Pepper (nessun fotomontaggio…) La piccantezza, dicevamo… come si calcola? Non certo dal quantitativo di lacrime che provoca l’ingestione a freddo, ma quasi. Il criterio della piccantezza è espresso il gradi Scoville, dal nome dello scenziato che diede alla capsaicina pura il valore di sei milioni, come il numero di parti di acqua e zucchero in cui una parte di capsaicina non sarebbe distinguibile all’assaggio da parte di un panel di degustatori. In altre parole, una goccia di peperoncino ha un numero di gradi Scoville pari alle gocce d’acqua in cui questa può essere diluita fino a non essere avvertibile. Se la capsaicina pura ha un valore di 16 milioni, i peperoncini spaziano dai 5000 ai 2 milioni di gradi.

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Alla fine della visita dell’azienda, e dopo l’illuminante lezione di Paolo Valdastri, è arrivato il momento dell’assaggio: Rita Salvadori, perfettamente a suo agio nel continuo lavoro di sperimentazione di abbinamenti e dissonanze – tanto da realizzare presto un volume ad hoc – ci ha fatto sentire peperoncini abbinati a creme di zucca o stracchino con gamberi. Poi la cena, dove i peperoncini hanno condito in maniera piuttosto interessante spaghetti alle vongole e bottarga, maltagliati al sugo d’anatra, coniglio alle olive e torta al cioccolato.

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