Delicati o decisamente strong, i piatti dello chef Salvo Pellegriti (la Vetreria, Firenze) sono un sorprendente compromesso al rialzo tra tecnica e fantasia
foto di Luca Managlia
Giovane chef originario della provincia di Catania, dopo aver viaggiato per il mondo fino a raggiungere l’Australia, da qualche anno Salvo Pellegriti ha messo radici a Firenze, ai fornelli della Vetreria in via del Proconsolo, proprio dietro il Duomo. Qui ha fatto sì, anche grazie alla liaison con le pizze di Donato Menechella (2 spicchi del Gambero Rosso), che il ristorante diventasse una fucina di cucina creativa e di piatti mai banali.
Alla base del nuovo menu di Salvo Pellegriti sembra esserci il concetto di “fusione“, inteso come facilità di commistione e ricerca di una sintesi. Non solo tra tradizioni gastronomiche geograficamente diverse, ma anche nella scelta di accostare materie prime che non è usuale trovare insieme nello stesso piatto. E’ il caso del barracuda e della quinoa soffiata, o del manzo e dell’albicocca, fino al pesce che viene marinato nel grasso della bistecca o al topinambur che sposa l’anguria sotto sale. Oppure pensiamo alla lasagna che diventa un raviolo (già sperimentato in quest’occasione) e all’amatriciana che propone nella versione al plin.
Ancora per certi versi poco noto al pubblico mainstream fiorentino, Salvo Pellegriti unisce nei piatti del suo menu una mano felice, un alto tasso di complessità e un connubio tra fantasia e tecnica. E’ il caso della “Caprese nell’uovo”, una rivisitazione della classica caprese in cui l’uovo è formato da bufala sciolta e ricomposta – cui è stata data la forma del guscio – così come l’albume. Il tuorlo è ricavato invece da pomodori gialli e rossi, mentre la paglia su cui è adagiato non è altro che sedano rapa. Il tutto su un letto di basilico che il commensale scopre solo nel corso dell’assaggio.
In ordine sparso, tra i piatti di Salvo Pellegriti alla Vetreria anche il manzo – carne tra le più usate in Toscana – trova una sua declinazione intelligente, con il filetto proposto impanato nel panko (tipico pangrattato giapponese), fritto e accompagnato con crema di albicocche e vinaigrette di acciuga e scalogno.
È tuttavia sul tema del risotto, che Salvo Pellegriti mostra la sua marcia in più. Ostriche, cozze, grattata di mela verde e drangoncello sono gli ingredienti di un primo piatto realmente da standing ovation per equilibrio, ricchezza di sapore, precisione nella cottura e impiattamento. Vale i 16 euro fino all’ultimo centesimo.
La delicatezza è invece il leitmotiv di un secondo come il velo di seppia accompagnato dal suo nero sotto forma di chips e servito con zucchine in diverse consistenze. Ingredienti e preparazioni non sono certo l’ideale per palati in cerca di emozioni forti, ma per chi vuol soffermarsi sulle sfumature può essere una piacevole sorpresa.
Gli amanti delle sorprese, giusto per restare in tema, con Salvo Pellegriti possono giocare sul velluto. Tra i suoi “fuori menù” può capitare – come è accaduto a noi – di incrociare la gola (sic!) di un’ombrina di venti chili, con glassatura di fico e accompagnamento di salsa alla senape e susine. Un piatto decisamente strong, agli antipodi del precedente, a riprova di come lo chef sia a suo agio anche sugli “estremi” di un’immaginario range di sapore.