Nel 1729 Jonathan Swift presentava la sua nota “modesta proposta” per evitare il sovraffollamento in Irlanda. Al netto della sua carica provocatoria e satirica, il messaggio non è sbagliato. Almeno se declinato su un allarme cinghiali che in Toscana va avanti da tanto, troppo tempo.
Chi ha dimestichezza con la letteratura inglese del diciottesimo secolo sicuramente ricorderà A modest proposal di Jonathan Swift. L’autore suggerisce di trasformare il problema della sovrappopolazione tra i cattolici irlandesi nella sua stessa soluzione: ingrassare i bambini denutriti e darli da mangiare ai ricchi proprietari terrieri anglo-irlandesi. I figli dei poveri potrebbero essere venduti in un mercato della carne all’età di un anno per combattere la sovrappopolazione e la disoccupazione. Così facendo si risparmierebbe alle famiglie il costo del nutrimento dei figli fornendole una piccola entrata aggiuntiva, si migliorerebbe l’alimentazione dei più ricchi e si contribuirebbe al benessere economico dell’intera nazione. L’autore fornisce anche dati specifici sul numero di bambini da vendere, il loro peso, il prezzo e i possibili modi di consumazione, nonché alcune ricette per preparare questo “delizioso” tipo di carne. Secondo Swift, la vendita e il consumo di bambini avranno positivi effetti sulla moralità familiare: i mariti tratteranno le loro mogli con più rispetto e i genitori valuteranno i loro bambini in modi finora sconosciuti. La sua conclusione è che questo progetto aiuterà a risolvere i problemi complessi dell’Irlanda in materia sociale, politica ed economica.
Ebbene, quello scritto del 1729 oggi si può attuare in Toscana, così come in altre regioni italiane. Non certo per i bambini, ovvio, ma per i cinghiali e gli altri ungulati. Parafrasando il sottotitolo originale – For preventing the children of poor people in Ireland from being a burden to their parents or Country, and for making them beneficial to the Public (Per evitare che i figli degli Irlandesi poveri siano un peso per i loro genitori o per il Paese, e per renderli un beneficio per la comunità) – si potrebbe dire che questa modesta proposta serve per evitare che i cinghiali siano un peso per gli agricoltori e per il territorio, e per renderli un beneficio per la comunità. Un rimedio, insomma, all’allarme cinghiali.
L’ultimo caso è di pochi giorni fa, quando in Chianti un gruppo di turisti stranieri è a pranzo alla Casina di Lilliano e si vede arrivare un grosso cinghiale maschio, accompagnato da due o tre accoliti. “La situazione è diventata talmente grave da non poter essere più tollerata – ha dichiarato Sergio Zingarelli, presidente del Consorzio Chianti Classico – con danni ai vigneti e alle produzioni che annualmente superano i 10 milioni di euro. Adesso i cinghiali si avvicinano anche pericolosamente agli uomini. Sono anni che chiediamo alle istituzioni (Province e Regione) di adottare tutti i provvedimenti necessari per risolvere il problema, ma oltre allo stucchevole rimpallo di responsabilità nessuna decisione operativa è mai stata presa per l’allarme cinghiali”. E se è vero che circa il 90% delle aziende del Chianti ha ripetutamente subito dei danni dagli ungulati (cinghiali, caprioli e daini), così come che la proliferazione incontrollata degli ungulati è diventata la principale causa degli incidenti stradali nella provincia di Siena (tra il 70% e l’80% secondo la Provincia), ecco allora che la soluzione è esattamente quella ipotizzata da Jonathan Swift. Cioè mangiarli.
Lo so, il cinghiale è già presente sulle nostre tavola. Ma perché non trasformare l’allarme cinghiali in una “Settimana del cinghiale” (un po’ come fanno a Capalbio e in altre zone della Toscana) magari patrocinata dagli enti locali, e far sì che nei ristoranti delle zone coinvolte dall’emergenza il cinghiale venga servito in tutte le salse, in modo talmente massiccio da consumare – e magari esportare – ancor più cacciagione? In fondo il cinghiale in umido o come “peposo” è buono, no?