L’Argentario, nella bassa Toscana, ha approfittato della quarantena per sviluppare nuovi modelli di business (circolare), nuovi standard di servizio e nuovi prodotti, come il gin territoriale Argintum
Anche se dal 18 maggio abbiamo potuto gustare un sentore di normalità, girando all’interno dei confini delle nostre regioni, ci sono delle terre di confine a forte vocazione turistica che paiono essere rimaste nel limbo della quarantena ancora per un po’. L’esempio più eclatante è quello dell’Argentario, località di mare della bassa Toscana, da sempre meta prediletta dei romani per le vacanze, e terra di seconde case per l’alta borghesia laziale. Fino a questo week-end, il primo con spostamenti tra regioni autorizzate, di turisti da queste parti se ne erano visti pochi.
Ora che finalmente si torna alla normalità anche da queste parti, sta agli imprenditori locali inventarsi nuovi modelli di business per riprendere il ritardo e per convivere al meglio con i nuovi standard di servizio, necessari per la sicurezza. Un esempio in tal senso è senza dubbio lo Sparkling American Bar di Porto Santo Stefano, che ha sfruttato il periodo della quarantena per ottimizzare il proprio servizio, il linea con i trend globali anti spreco e di riciclaggio.
Si tratta di una proposta basata sul concetto di produzione circolare, ovvero nel trasformare gli scarti di lavorazione di una materia prima in materia prima per un altro cocktail. Ad esempio i residui della spremitura dell’arancia e dell’estratto di mela diventano insieme a dello zenzero una marmellata che ha la stessa funzione del chutney, mentre la tonica che resta in eccesso quando vado a fare un cocktail e che si sgasa e viene infusa col tè al gelsomino che le conferisce quel tipico contrasto amaro/dolce e utilizzata per altri drink.
L’altra grande scommessa di questa stagione per lo Sparkling è il lancio di un Gin a marchio proprio, Argintum e dalla forte impronta territoriale, composto con botaniche tipiche di queste terre, come rosmarino, mirto e salvia, e di cui ogni bottiglia viene etichettata e prodotta manualmente all’interno della regione. “Penso che negli ultimi anni i cocktail bar di livello si distinguano sempre più per la capacità di creare i propri ingredienti, tra infusioni, fermentazioni e preparazioni homemade” racconta Simone. “Il mio obiettivo è portare ancor più in là questa unicità nell’esperienza del consumatore, mettendolo in condizione di gustare un distillato territoriale, che si possa provare a contatto con il mondo cui appartiene. Molti di noi, quando viaggiano, hanno piacere a bere vini del territorio: sono convinto che anche sul gin si possa sviluppare un turismo gastronomico simile, come dimostra anche la grande attenzione da parte della stessa industria vitivinicola a questo comparto” racconta il bartender dello Sparkling.
Nel primo week-end tra ArginTonic e bottiglie acquistate da asporto, la scommessa sembra essere partita sotto i migliori auspici, ma la stagione è solo agli inizi, e non mancheranno ulteriori iniziative per promuovere il territorio, tra sperimentazione e creazione.