domenica 28 Aprile 2024
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Firenze, al Bistrot 84 Rosso la cucina concettuale di chef Matteo Longhi

A Firenze ha aperto Bistrot 84 Rosso con lo chef Matteo Longhi: il vegetale è al centro della sua cucina, molto incline alle fermentazioni. Per scelta declina la sua proposta gastronomica in antipasti, piatti principali e dessert, evitando volutamente la pasta. Un viaggio sensoriale attorno al mondo, mix di sapori e profumi d'ingredienti lontani, con continui rimandi a ricordi di viaggio

A Firenze, a due passi dal lungarno Amerigo Vespucci, tra l’omonimo ponte e quello alla Carraia, troviamo borgo Ognissanti. I due hotel di lusso del gruppo Marriott, assieme ai lampioni siti sul lungarno, la sera illuminano la piazza e l’Arno in maniera suggestiva, creando sull’acqua un romantico gioco di riflessi. Passando davanti alla facciata della chiesa di San Salvatore e girando a sinistra si arriva al Bistrot 84 Rosso. L’entrata al locale è una bella porta a vetri che riporta la scritta del suo nome solo nella parte alta. Se questo da un lato nasconde un po’ il ristorante, dall’altra assicura l’effetto wow una volta all’interno. La sensazione è quella di entrare in un salotto e s’intuisce subito che saremo proiettati verso un’esperienza gastronomica non comune.

Unica sala da pranzo caratterizzata da un’arredamento modernissimo e minimal, pareti dipinte con forme geometriche con alternanza matematica dei colori bianco e nero, che trasmettono un bell’effetto ottico anche se quasi ipnotico. A spezzare questa ipnosi visiva, alcuni dipinti astratti. Bellissimi i tavoli neri lucidi, comode sedute bianche, nere ed un tocco di giallo che, per il titolare Nicola Langone (titolare anche del ristorante fiorentino Gunè, dove opera lo chef Mirko Margheri), rappresenta la gioia e la follia, quindi le emozioni che si legano a questa sua seconda impresa ristorativa.

Nicola Langone (a sinistra) e Matteo Longhi

Il timone della cucina è nelle salde mani di Matteo Longhi, giovanissimo, originario della Brianza ma con la Romagna nel cuore (e nel palato). Il suo curriculum è pieno d’esperienze in ristoranti stellati, non in ultimo allo Zilte, il tristellato di Anversa, poi al Four Seasons di Firenze. Ha lavorato con chef del calibro di Vito Mollica e Pino Cuttaia affiancandoli nelle loro cucine. Grazie al suo estro, stuzzicato ed amplificato dall’esperienza maturata all’estero, Matteo propone una cucina concettuale, che parte da un suo ricordo, una sua esperienza un suo sapore. Tanto estro, molta tecnica e irrefrenabile fantasia sono i motori che lo spingono a presentare alla clientela i suoi piatti, quelli che Matteo mangerebbe e che, da cliente, vorrebbe trovare in un ristorante.

L’elemento vegetale è al centro della sua cucina ed è molto incline alle fermentazioni.
Una cucina che definirei cosmopolita. Per scelta declina la sua proposta gastronomica in antipasti, piatti principali e dessert. Volutamente la pasta è (quasi) esclusa dal menù in quanto, l’idea dello chef, è che nella dinamica di una cena, può tranquillamente essere sostituita senza sentirne la mancanza. La cena al Bistrot 84 Rosso è un vero e proprio viaggio sensoriale attorno al mondo. Un mix di sapori e profumi d’ingredienti lontani provenienti da tutto il mondo. Il gioco di continui rimandi a ricordi di viaggio è inevitabile. L’ospite inizia sentendosi nel ristorante a Firenze, d’un tratto si ritrova catapultato in India, poi in Arabia, in Corea ed, a fine cena, nuovamente seduto a Firenze. Una cucina emotiva, innovativa e futuristica.

Come si mangia al Bistrot 84 Rosso

Iniziamo il nostro percorso con un piccolo snack, da sgranocchiare in attesa della partenza, un po’ come se fossimo al gate in attesa dell’imbarco. Un waffel salato con polvere di peperone crusco.

Iniziamo il viaggio nella cucina di Matteo Longhi con gli amuse bouche. Spostandoci da sinistra verso destra troviamo una cup con trota, crema di piselli e ricotta secca, tartelletta con zatar e cetrioli sott’aceto fatti in casa, pelle di pomodoro fermentato con maionese di rosa canina, miele d’acacia e polline. Tutti molto piacevoli ed equilibrati tanto in gusto quanto in consistenza.

Il primo vero piatto della nostra degustazione è Carote Tandoori, Labneh e Vadouvan. La carota è cotta sulla brace con miso di carote, burro vadouvan, olio di prezzemolo in polvere e polvere di tandoori. Un piatto di forte impatto olfattivo. I profumi del vadouvan (misto spezie indiane) pervadono l’ambiente. La freschezza del Labneh (yogourt al formaggio) dona freschezza al piatto e riequilibra subito i sapori al palato. Egregia cottura della carota che rimane croccante, in un piatto nel quale altrimenti prevarrebbero le morbidezze. Piatto particolare, ma estremamente centrato ed equilibrato.

Scampo, lardo, koji, e salsa di nocciola. Scampo cotto alla brace, sottile fettina di lardo della Val d’Elsa, koji tostato in padella, latte di nocciola tostato e nocciole fermentate nere con aglio. Eccellente qualità e cottura dello scampo che al suo interno rimane leggermente crudo. Un ottimo lardo conferisce sapidità al piatto. Il koji piastrato risulta volutamente amarognolo, ma a nostro parere anche troppo. Molto interessante è la salsa di nocciola con sua granella all’interno.

Polpo & Gochujang. Il polpo viene arrostito e nappato con il suo fondo di cottura e maionese al Gochujang (peperoncini fermentati coreani). Interessante la presentazione del Gochujang che qui viene proposta come gelato. Il Goghujang, per chi ancora non lo conoscesse, è una salsa salata, dolce e piccante preparata con peperoncino rosso, riso glutinoso, meju (fagioli di soia fermentati), malto d’orzo, il tutto in polvere, e sale. Questa salsa viene utilizzata in moltissimi piatti della cucina coreana. Cottura perfetta del polpo, nappatura troppo intensa al palato, tanto da coprire la buona qualità e sapore del polpo.

Cipolle di Certaldo, caramellata, crema, cipolla sotto miele, mandorle tostate alla lavanda e per finire una spuma di latte di mandorla. Il piatto risulta gradevole al palato e sufficiente al morso. Volutamente vira sul dolce, per noi anche troppo.

Dessert Abaneh, yogurt scolato del suo latticello, cioccolato bianco, olivello spinoso, al suo interno olio ricavato all’olivello spinoso ed un gelato ai frutti di bosco. Ottimo il gelato, troppo pastoso e grasso l’Abaneh.

Piccola pasticceria: Madaleine, Tartelleta di mela, Takoyaki al cioccolato bianco

I 20 coperti assicurano una cura maniacale nella preparazione e nella presentazione dei piatti. Il servizio di sala è professionale ed impeccabile. Il ritmo della cena, oserei dire perfetto. La carta vini è ben articolata e presenta un’interessante alternanza di etichette italiane e straniere. Degna di menzione una sezione dedicata agli Champagne, ai vini sloveni ed agli orange wines. Prezzi commisurati alla qualità del servizio ed alla proposta gastronomica offerta.

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Stefano Incerti
Stefano Incerti
Classe 1973, milanese di nascita e toscano d'adozione, Interprete e traduttore con cinque lingue all'attivo più l'italiano (madrelingua), viaggia per il mondo da quando aveva 14 anni. Appassionato di fine dining si è seduto al tavolo dei più prestigiosi ristoranti del globo conoscendo chef stellati e celebrity italiane ed internazionali. Nel 2018 crea il suo profilo Instagram @stefanokitchen (perché le sue cene finiscono sempre nella cucina degli chef) ed all'attivo conta più di 500 top restaurants recensiti nel mondo. Collabora come Food Writer per magazine gastronomici e guide ristoranti in Italia ed all’estero e detesta chi non prende la cucina sul serio. Come dice sempre lui, enjoy!

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