Non si ferma né ha intenzione di farlo, Ditta Artigianale. L’azienda fondata da Francesco Sanapo e Patrick Hoffer – ormai una case history a livello internazionale sull’imprenditoria legata al caffè – taglia il traguardo delle 10 candeline e per l’occasione si regala la sesta apertura, all’interno dello storico Mercato centrale di San Lorenzo, anch’esso fresco di festeggiamenti per i suoi 150 anni.
E così, dopo l’esordio in via de’ Neri nel 2014, il raddoppio in via dello Sprone nel 2016, il tris e il poker calati nello stesso anno (le sedi di Sant’Ambrogio e di Riva d’Arno hanno aperto nel 2021), nonché il quinto store in piazza Ferrucci nel 2023, adesso debutta al piano terra del Mercato di San Lorenzo. La crescita dell’azienda è triplicata negli ultimi tre anni, e i dipendenti sono passati dai 45 del periodo pre-covid agli attuali 130. Ne abbiamo approfittato per chiedere al deus ex machina Francesco Sanapo di raccontare lo spirito con cui Ditta Artigianale nasce e si è sviluppata.
Qual è secondo te la formula vincente alla base del successo di Ditta Artigianale?
Non ho dubbi, non c’è una persona sola: il segreto è una squadra unita che crede nel progetto. Ditta Artigianale non sono solo io bensì un gruppo di persone appassionate non solo del settore caffè, ma anche dei campi dell’ospitality, del cibo, della pasticceria e della panificazione. Non sono parole di circostanza, è qualcosa di cui sono convinto, ed è qualcosa di molto raro da trovare: ecco perché sono felice di avere al mio fianco un team di combattenti appassionati.
Rispetto a 10 anni fa, quanto è educato il cliente fiorentino al caffè di qualità?
Sicuramente c’è più consapevolezza, più curiosità, ma allo stesso tempo c’è ancora tanto da fare. Cerchiamo di educare attraverso l’apertura di nuovi store, perché avere più luoghi di educazione e formazione è l’unica arma per divulgare il nostro messaggio. Noi piccoli torrefattori non abbiamo la forza di arrivare alle grandi masse, dobbiamo raggiungere le singole persone e trasmettere loro il nostro credo. Del resto Firenze ha ancora spazi, come testimonia la nuova apertura al Mercato di San Lorenzo. È uno dei progetti che più mi rende orgoglioso, perché è un luogo autentico rappresenta la storia di Firenze nell’ospitalità e nel cibo. Entriamo in punta di piedi per il rispetto dovuto a una storia gloriosa, ma siamo anche consapevoli di dover continuare quella storia.
Qual è stata la sfida più difficile da affrontare in questi 10 anni?
Il Covid ci ha creato grandi difficoltà, e ne subiamo ancora gli strascichi. Da imprenditore, quella è stata una sfida che mi ha tolto il sonno. Resta in piedi la sfida più difficile, ossia educare il pubblico a una nuova idea di caffetteria. Purtroppo oggi il nostro comparto è messo a dura prova a livello economico, perché i margini sono inferiori e i costi delle materie prime sono aumentate. Siamo costretti ad aumentare i prezzi, ma dobbiamo far capire alla clientela sia le ragioni che stanno alla base di un piccolo ritocco ai prezzi sia soprattutto il valore di ciò che è dentro e fuori la tazzina di caffè.
Qual è stata la sfida che senti di aver vinto in questi 10 anni, e quale invece no?
Sento di aver dato una nuova luce alla professione del barista, ma è un percorso ancora in itinere. Sono felice di vedere giovani crescere volendo far carriera, affrontando un percorso che li porta a seguire la propria strada. All’inizio quando andavano via una volta finita la formazione mi arrabbiavo, adesso so che grazie a loro in fondo continuo la mia missione. Vorrei che questo approccio consapevole valesse per tutti i baristi italiani, così come accaduto con gli chef, i pizzaioli, i bartender e così via. Mi piacerebbe che per più persone diventasse il lavoro della vita.