Quante volte ci è capitato di partecipare a una cena e sentir echeggiare nell’aria l’espressione Cena di Trimalcione? Bene, con il nostro guest writer Andrea Meneghel vi raccontiamo da dove deriva – e cosa significa – questa espressione
“La disponibilità dei piaceri non varrà mai
quanto la finezza necessaria per goderli”
(Andrea Meneghel)
Quante volte ci è capitato di partecipare ad un convito privato un po’ galante e sentir echeggiare nell’aria, non sempre pour cause, l’espressione Cena di Trimalcione (o Trimalchione)? L’episodio cui ci si riferisce è narrato da Petronio, eclettico intellettuale del primo secolo, nel XV libro del Satyricon, il suo capolavoro, noto nei secoli per gli spassosi divertissement e lo stile peculiare che imita il parlato del volgo cittadino, costituendo quasi un unicum nel panorama latino a noi pervenuto, paragonabile forse solo agli Epigrammi di Marziale.
Purtroppo l’Opera, che si presenta – diremo oggi – come genere a sé, ci è pervenuta in piccolissima parte rispetto alla sua presunta vastità originaria, a causa del contenuto scabroso fitto di licenziosità (vengono riportate imprecazioni, si parla esplicitamente di pederastia e la divinità più interpellata è nientemeno che Priapo), che non gli attirò – mirabile dictu! – le simpatie dei copisti medievali. Fu invece amatissima dal Des Esseintes di Huysmans, che la adoperò come inesauribile fonte di aneddoti ed espedienti edonistici: la copiosa procella di descrizioni minuziose, che si susseguono nel ritmo incalzante degli eventi, ne garantiscono infatti un fascino tuttora insolito e pungente.
Le vicende della vita privata dell’autore, raccolte da Tacito negli Annales, sono rimaste altrettanto celebri: si racconta che passasse le giornate dormendo e vivesse di notte, trattando gli affari mondani con “trascurato distacco”… Arbitro indiscusso delle eleganza (è solo un’impressione di chi scrive o oggi avremmo più che mai bisogno di tali figure di riferimento?) presso la corte di Nerone, fu da questi tanto ammirato in gioventù da attirarsi l’invidia del rivale Tigellino, il quale lo accusò ingiuriosamente di tradimento e complotto verso l’Imperatore, che non esitò ad imporgli il suicidio senza indulgere in accertamenti. Encomiabile la reazione del nostro Esteta: poco prima di morire in assoluta serenità, immerso nei consueti piaceri della poesia, scrisse una lettera privata dove venivano denunciate tutte le nefandezze e le bizzarrie sessuali del princeps!
La Cena è per il ricco liberto Trimalcione il contesto ideale per ostentare ad amici e curiosi (fra cui i protagonisti Encolpio e Gitone) la propria opulenza, andando ben oltre la misura del buon gusto. Non solo i numerosi servi sciamano attorno agli ospiti nel tentativo di soddisfare ogni capriccio ma, nel farlo, sono costretti ad intonare arie di tragedia, sovrastandosi chiassosamente. Le portate vengono servite, ça va sans dire, su vassoi d’argento, brocche di cristallo e coppe d’oro e il cibo stesso ha una presentazione coreografica: dalle finte uova di pavone contenenti succulenta uccellagione al cinghiale arrosto dal cui ventre fuoriescono colombe. Persino la moglie entra in sala esibendo lo sfarzo dei propri gioielli, non potendo vantare la vaghezza delle membra!
A tutto ciò si aggiungono le inopportune uscite del padrone di casa che, fra le molte frasi retoriche, solleva i commensali dall’onere di trattenere i peti per motivi di salute, si spaccia poeta rubando i versi di Virgilio ed espone le vicende dell’Iliade, con una tale serie di strafalcioni e gaffe che i presenti non possono che ridere mentre fingono di acclamarlo. Ormai ubriaco e tormentato dal pensiero della morte, Trimalcione decide di culminare il banchetto mettendo in scena il proprio funerale: proclama il testamento e si fa adagiare sul triclinio con vesti di porpora; infine impone ai musici di concertare una marcia funebre, allertando i vigili del quartiere che interrompono prontamente la festa.
Un ritratto dalle fitte pennellate, che mette a nudo il prototipo parodistico e grottesco dell’uomo arricchitosi con la fortuna e l’astuzia, ma privo di cultura, ossessionato dal desiderio di apparire per ciò che non è, con la tragicomica conseguenza di mettere in bella mostra proprio le lacune che si vorrebbero negare. Se anche a voi è capitato di trovarvi in presenza di conviti di dubbio gusto, potrete ora farlo notare con il garbo di una sottile citazione petroniana! Largo dunque alla colta goliardia, ma attenzione al possibile significato equivoco dell’espressione: se da un lato può riferirsi semplicemente alla fastosità della situazione, dall’altro potrebbe essere interpretata come una pesante critica ai gusti e al contegno dell’ospitante.