Il 29 aprile in tutta Italia i ristoratori consegneranno simbolicamente le chiavi dei propri locali ai sindaci, per protestare contro le difficili condizioni della riapertura. La sera prima, invece, flash mob con le saracinesche alzate
Quando non è possibile fare molto sul fronte operativo, l’unica cosa ipotizzabile è ricorrere al valore simbolico dei flash mob per ricordare alle istituzioni la situazione della ristorazione in epoca di Coronavirus. Ecco perché il 29 aprile al grido di “Risorgiamo Italia” gli imprenditori della ristorazione aderenti a un network di movimenti che racchiude circa 75mila locali hanno deciso di andare in Comune e riconsegnare – simbolicamente, appunto – le chiavi delle proprie strutture nelle mani dei sindaci. Perché, spiegano “ci stanno chiedendo di aprire con gli stessi costi, se non più di prima della emergenza epidemiologica, con una previsione di incassi nella migliore delle ipotesi pari al 30% sull’anno precedente”. Hanno ragione o torto, quelli che vogliono restare chiusi? Cerchiamo di spiegarlo qui
La manifestazione sarà preceduta da un flash mob il giorno precedente, il 28 aprile alle ore 21, quando i ristoratori alzeranno polemicamente le saracinesche e accenderanno le luci del loro locale. Forse per molti non sarà davvero “per l’ultima volta” come viene annunciato (al riguardo ricordo, negli anni, il funerale della bistecca e quello dell’università allestiti di volta in volta per l’emergenza mucca pazza e contro la riforma degli atenei) ma di sicuro ha un forte significato evocativo.
Secondo gli organizzatori, “le probabili misure che lo stato prenderà per l’eventuale riapertura di ristoranti, bar, pizzerie, pasticcerie, discoteche e lidi balneari non sono insostenibili per la gestione ordinaria di un locale e insopportabili economicamente”. Ecco perché il 29 aprile, la mattina dopo aver acceso “per l’ultima volta” le luci, gli imprenditori andranno davanti ai loro comuni a consegnare le chiavi dei propri locali. Sebbene loro vogliano fortemente aprire e tornare al proprio lavoro, affermano che oggi non ci sono i presupposti economici per poterlo fare.
In Italia, il fatturato prodotto dal mondo HoReCa è di 87 miliardi* con circa 500.000 attività commerciali che impiegano circa 1.5 milioni di dipendenti incluso l’indotto di forniture e servizi. Si prevede purtroppo che un locale su due dovrà chiudere o ancora peggio verrà ceduto a pochi euro a chi magari vuole riciclare denaro sporco. Ecco perché il Movimento Imprese Ospitalità sta studiando un protocollo Haccp da proporre al premier Giuseppe Conte e chiede che nella task force dell’emergenza governativa ci sia una delegazione del MIO per illustrare le reali necessità e incongruenze che ci sono nei decreti attuali.
*fonte osservatorio nazionale distributori HO.RE.CA 2018/2019