Da qualche tempo sono arrivate in Italia le cene segrete, i “social dinner” eredità dei Supper Club. In Toscana le organizza il web magazine TuscanyPeople, che periodicamente allestisce cene mettendo a sedere allo stesso tavolo sconosciuti in location inusuali comunicate last minute. Abbiamo partecipato, ecco com’è andata
La formula è semplice, ed ha come ingrediente principale il mistero: mescolare in un’unica sera una location sconosciuta, dove insieme a commensali sconosciuti concedersi una cena le cui pietanze sono, ça va sans dire, sconosciute. La curiosità di una serata dove tutto è lasciato in sospeso (ma nulla è affidato al caso) è l’essenza delle cene segrete che da qualche tempo sono arrivate anche in Italia. Una volta c’erano i Supper Club, nelle case private o in location di pregio. La loro naturale evoluzione sono i “social dinner” o – all’italiana – le cene segrete col loro fascino che cattura in maniera trasversale persone di ogni età e provenienza.
A Firenze le organizza il web magazine Tuscany People, attraverso il suo fondatore ed editore Tommaso Baldassini (a sinistra nella foto in alto, ndF). Abbiamo partecipato ad una di esse, spinti da una curiosità quasi antropologica di vedere come interagiscono sconosciuti messi gomito a gomito davanti a una tavola imbandita. Finora infatti il massimo delle informazioni era di seconda mano, prese soprattutto dai visi della pubblicità di questi appuntamenti, quindi non necessariamente corrispondenti a verità.
Abbiamo ricevuto il messaggio con il luogo della cena a poche ore di distanza, giusto il tempo di cercare sul navigatore e regolare di conseguenza l’agenda della giornata. Il posto è stata la prima sorpresa, francamente molto più interessante e “studiato” di quanto pensassimo. Si tratta della Tribeca Factory, una ex fabbrica di Prato dall’aria spiccatamente vintage, ispirata alla New York degli anni Cinquanta, oggi usata per esposizioni e showroom. Fa freschino, ma non freddo, e presto l’atmosfera si fa più calda. L’organizzazione è snella e funziona bene: registra i nominativi, fa firmare la liberatoria per le foto e introduce alla sala dove avverrà la cena.
Qui troviamo una cantante, Cristiana, che farà da sottofondo musicale alla serata, mentre gli antipasti – finger food di buona qualità e accorta fattura – vengono serviti al vassoio. All’inizio socializzare non è facilissimo, anche perché in pochi vengono da soli (in genere sono coppie o gruppi di amici) ma neanche impossibile: in fondo, chi partecipa è lì apposta per aprirsi allo scambio e alla reciproca conoscenza. La sala si riempie velocemente, fino a sfiorare le cinquanta presenze: la fascia d’età va dai 30 ai 45 anni, con qualche sporadico fuori quota in un senso o nell’altro.
Le luci sono basse ma non troppo soffuse, così come la musica. L’abbigliamento è generalmente elegante, ma mai formale. L’atmosfera oscilla tra la naturale diffidenza di chi non sa dove si trova e lo spirito d’avventura che ha condotto i partecipanti fino a quel punto. Ogni perplessità si stempera facilmente, però, quando ci si rende conto di essere tessere dello stesso ingranaggio, tasselli di un mosaico in cui nessuno – probabilmente nemmeno gli organizzatori – sa esattamente il disegno che verrà alla fine.
Ci aspettavamo qualcosa di diverso, fino a questo punto? Probabilmente no, ed è un sollievo scoprire di non trovarsi catapultati in una sorta di Eyes Wide Shut in salsa nostrana né in un circolo elitista (o etilista). Soprattutto non c’è quella sgradevole sensazione che il tutto si riduca a un modo per qualcuno di rimorchiare annoiate casalinghe over 45, tutt’altro.
E si arriva alla cena, con tavoli imperiali placée: ci raccontano che la disposizione dei commensali non è casuale bensì ottenuta dagli organizzatori incrociando con certosina pazienza i profili potenzialmente più compatibili per età, ceto, interessi, ecc… La mise en place è curata, in linea col resto della serata. Tutto ciò che viene servito – dal menù firmato dal giovane Francesco Lenzi al vino del Castello di Gabbiano, dall’olio Evo della fattoria di Ramerino ai pani del forno Garbo – è illustrato e raccontato con sobrietà.
Due parole sulla cena: il menù ha visto un esordio con la delicata vellutata di zucca gialla con crema di ricotta e castagne croccanti (valorizzata dall’olio), seguita da un risotto Carnaroli mantecato al Chianti Classico, pere Williams e croccante di Parma, mentre come secondo è stata scelta una faraona ruspante di Montespertoli con parmentier leggera: promossa a pieni voti la materia prima, qualche riserva sulle salse di accompagnamento. Il dessert è stato affidato al pasticcere Riccardo Cappelli, che dal cilindro ha tirato fuori una bavarese con mela golden e arancio candito su bisquit, accompagnato da crema inglese e germogli sakura.
Ma non è in una serata del genere, che i sensi si concentrano sul cibo. Più che sulle pietanze, l’attenzione è rivolta ai commensali. Non sai chi hai di fronte, ma nel mondo di Facebook non è difficile scoprirlo in breve tempo, magari realizzando di avere conoscenze o amicizie in comune. Succede anche al nostro tavolo, dove il trait d’union con metà tavolo diventa una vecchia (per modo di dire) collega d’università originaria del Casentino.
A riprova del fatto che Max Weber ci aveva visto giusto, in fondo, ci mettiamo a cercare i tipi ideali. Qualcuno lo troviamo: c’è il piccolo imprenditore single che ha passato la quarantina, c’è la coppia in vena di una serata diversa dalle altre, ci sono le due amiche che si spalleggiano a vicenda, ci sono i gruppi di amiche over 35 che hanno macinato chilometri per arrivare a Prato, c’è quella che si muove sicura del proprio fascino e il brizzolato altrettanto consapevole. “Se i due s’incontrano – penso tra me e me – il gioco è fatto”. C’è quella che ama Bach e Renato Zero, il cui sorriso attira sguardi dagli altri tavoli, e così via…
Alla fine, come dopo aver passato in rassegna un album, della nostra prima cena segreta resta il ricordo di alcune istantanee. Il flash discreto del fotografo David Glauso (autore di queste foto, peraltro), la voce della cantante che attraversa generi e stili accarezzando le note, il muro di mattoni rossi con oggetti vintage sparsi qua e là, l’alternarsi allegro di abiti eleganti portati con un po’ di goffaggine e altri meno appariscenti impreziositi dalla grazia di chi l’indossava, la generosa scollatura della ragazza e l’orologio di marca del quarantenne di bella presenza. Un mosaico, quello delle cene segrete, che alla fine forse non costruisce un disegno preciso e preordinato. Ma in fondo è bello così, un quadro dove ognuno – guardandolo – può leggerci ciò che preferisce.