A Firenze il consigliere di quartiere Alessio Bandinu ogni anno prepara 500 barattoli di pomodori secchi per regalarli ad amici, colleghi, chef e vip. Nella lotta ad accaparrarseli c’è chi ha “copiato” la ricetta per venderla
Nei circoli cittadini a cavallo tra la politica e la gastronomica, i suoi pomodori secchi sono diventati un po’ uno status symbol, quasi l’oggetto del desiderio della Firenze che conta. Chi li ha assaggiati li considera una prelibatezza, e il fatto che ogni anno ne vengano realizzati solo 500 esemplari li rende ancor più preziosi agli occhi di coloro ai quali la notizia arriva spinta dal più classico dei passaparola. È una storia di quelle insolite e bizzarre, quella che vede protagonista Alessio Bandinu, sardo di origine ma fiorentino d’adozione, consigliere di quartiere del Pd a Firenze.
I suoi barattoli di pomodori secchi finiscono ogni anno a una ristretta cerchia di amici e colleghi istituzionali – Bandinu ne fa omaggio a ogni consigliere, di maggioranza e opposizione, per il compleanno – ma una quota finisce anche a chef e ristoratori, soprattutto per avere un parere tecnico.
Ed è qui che il gioco si fa interessante: se tra i destinatari dei pomodori ci sono il sindaco Dario Nardella e mezza giunta comunale, nel novero degli estimatori non mancano il cantante Francesco Guccini e una schiera di chef fiorentini: lo stellato Vito Mollica o Paolo Gori (Da Burde), per intendersi, insieme ai trippai Marco di Aurelio (piazza Tanucci) e Lorenzo di Il farro (piazza Artom).
Ma ad impazzire per i pomodori di Alessio Bandinu è anche Fabio Picchi, titolare del Cibreo e del Teatro del Sale. Anche lui è stato folgorato dal mix di sapori che il consigliere di quartiere aggiunge ai pomodori: c’è il finocchietto selvatico, i capperi, la cipolla di Tropea, l’aglio, il prezzemolo, il basilico, l’origano, il peperoncino, il sedano, il gambo del carciofo sardo, semi di finocchio, il cavolfiore e una foglia d’alloro sul fondo.
Proprio Picchi, dopo averli assaggiati, ha replicato la ricetta e dopo qualche tempo l’ha messa in vendita (a 12 euro al pezzo) all’interno di C.Bio, in zona Sant’Ambrogio. A scanso di equivoci, l’istrionico ristoratore fiorentino ha comunque inserito il nome di Bandinu nel nome del prodotto, a voler riconoscere una paternità – se non di copyright, almeno simbolica – ad Alessio Bandinu. Il quale ammette, ammiccando, che “sì, sono buoni, ma i miei sono un’altra cosa”.
E dire che tutto è iniziato circa dieci anni fa, quando per la prima volta un’amica calabrese portò a Bandinu una confezione dei suoi pomodori sott’olio, per farglieli assaggiare. “Non erano male – spiega – ma ho pensato che qualcosa si potesse migliorare. Ho iniziato a fare un po’ di prove e ho scoperto che alla fine il mix di ingredienti della versione attuale è quello che piaceva di più. Ho cominciato a preparare qualche barattolo per gli amici e sono andati a ruba, quindi mi sono attestato su una produzione di circa 500 pezzi. Me li chiedono in tanti, e tutti ne sono entusiasti”.
“Il mio segreto – racconta ancora Alessio Bandinu – è scegliere i pomodori più dolci, scartando quelli salati, che alla fine sono circa il 20%”. E così, tra uno chef e un politico, a Firenze si continua ad agire per entrare nelle grazie del consigliere di quartiere ed entrare nel ristretto novero dei 500 possessori dei pomodori secchi.