Nel 1869 vedeva la luce a Firenze il Grand Hotel Minerva. Esattamente un secolo e mezzo dopo, l’albergo in Santa Maria Novella celebra il suo 150° compleanno con un cocktail e un menù ispirato agli esordi
Nell’anno di grazia 1869 veniva aperto il Canale di Suez, a Roma si apriva il Concilio Vaticano I, veniva brevettata la celluloide, pubblicata la rivista “Nature” e presentata la tavola periodica degli elementi. E a Firenze apriva i battenti il Grand Hotel Minerva, in piazza Santa Maria Novella. All’epoca la Nazione scrisse dell’apertura della “Gran Locanda della Minerva”, il 5 ottobre, per annunciare l’apertura di quello che sarebbe diventato il Grand Hotel Minerva. Primo proprietario e direttore, Alfredo Ciappei. Con “prezzi discretissimi”, come si usava dire all’epoca.
Nel luogo ove sorge l’Hotel Minerva vi era, nel Medioevo, un edificio che apparteneva alla Compagnia dell’Arcangelo Gabriele, una delle tante confraternite fiorentine legate al convento di Santa Maria Novella. Nel 1472 l’edificio fu ceduto allo Spedale della Scala diventando un importante istituto assistenziale della città. L’istituto fu trasformato in albergo nell’Ottocento: tra i suoi primi ospiti, il poeta americano Henry Wadsworth Longfellow che vi soggiornò dal 1867 al 1872, periodo in cui lavorò alla traduzione della Divina Commedia.
Da allora il Grand Hotel Minerva è stato un elemento costante in ogni foto che è stata scattata alla piazza, stringendo un legame che dopo 150 anni è più solido che mai. Se l’esterno è rimasto pressoché invariato, all’interno si sono susseguiti interventi di ristrutturazione (ai primi del Novecento, poi di nuovo negli anni Cinquanta con gli architetti Edoardo Detti e Carlo Scarpa, capaci di bilanciare nuovo e vecchio, rivelando la storia dell’edificio originale, un’eredità tuttora apprezzata. Col tempo, nelle stanze si sono susseguiti ospiti come Giuseppe Ungaretti, Franco Zeffirelli o Ugo Tognazzi.
Dopo una recente ristrutturazione curata da Piera Tempesti Benelli che ha cambiato il volto delle sue 97 suite e delle camere – ma anche del cocktail bar gestito da Kareem Bennett e del ristorante affidato a Tommaso Calonaci – creando un’armonia tra design innovativo e presenza storica, per il suo 150° anniversario il Grand Hotel Minerva ha aperto le sue porte per una serata dal sapore ottocentesco. In fondo, in una piazza che sembra rifuggire le lusinghe dei fondi d’investimento stranieri, l’albergo resta di proprietà italiana e dal 1995 è a conduzione familiare (con la giovane Sara Maestrelli e i suoi fratelli in prima fila), proprio come gli hotel dall’altra parte della piazza, di Sandro Fratini.
Dalla terrazza del Grand Hotel Minerva, con una piscina panoramica e una vista che ha pochi uguali in città, è iniziata la serata di celebrazione, con la degustazione del Milk Punch ideato dal barman Julian Biondi con i prodotti della vicina Officina Farmaceutica di Santa Maria Novella. È stato creato con una vecchia tecnica, popolare tra il XVII e il XVIII secolo, che usa il latte per schiarire i cocktail e, come vuole la tradizione, è “una parte acida, due di dolce, tre di forte, quattro di debole e… spezie”. Tra gli ingredienti magici: Liquore Mediceo dell’Officina, gin locale, gocce di china dell’Officina e tè verde.
A seguire, cena creata dallo chef Tommaso Calonaci e ispirata a quei piatti che i turisti provenienti da tutto il mondo potevano trovare una volta giunti a quella che all’epoca si chiamava ancora Locanda di Minerva. È il caso della Carabaccia, la tradizionale zuppa di cipolle toscane, oppure del Cibreo di pollo che suona come un omaggio a Pellegrino Artusi, nonostante si tratti di un piatto – uno spezzatino di bargigli e interiora di pollo – noto già sotto Caterina de’ Medici.
La cena è proseguita con i ravioli ripieni di ricotta e strigoli (Silene rigonfia), intingolo arrosto e pecorino, fino al colombaccio al dolce e forte con tartufo, piatto “importante” nei sapori ben accompagnato dai vini Nipozzano. Infine il dolce, un omaggio a Firenze della pastry chef Matilde Morandi (già citato dall’Artusi) a base di uvetta, pane e crema.
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