sabato 20 Aprile 2024
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Emilia: nella Valle del Samoggia per celebrare il tartufo bianco pregiato di Savigno

Dal paesaggio suggestivo ai boschi custodi del tartufo bianco di Savigno, dalle tavole stellate ad aziende fortemente legate al territorio, la Valle del Samoggia sull’Appennino bolognese custodisce saperi e sapori intramontabili

Un panorama dei boschi della valsamoggia (Foto © Enzo Radunanza).

L’Appennino tra Bologna e Modena custodisce un territorio di grande bellezza, composto da montagne, boschi rigogliosi, dolci valli e attraversato dal torrente Samoggia che segna anche il confine tra le due province. Parliamo della Valle del Samoggia che dal 2014 è diventata un comune unico della provincia di Bologna (Valsamoggia), a sua volta diviso nelle cinque municipalità di Bazzano, Crespellano, Monteveglio, Castello di Serravalle e Savigno.

Grazie ad un contesto naturale incontaminato, i cui colori e profumi variano con l’alternarsi delle stagioni restando sempre suggestivi, Valsamoggia offre molti spunti per il buon vivere, dalle passeggiate al trekking, dal cicloturismo ad una tradizione enogastronomica in cui regnano sovrani funghi e tartufo, soprattutto quello bianco di Savigno che primeggia sulle tavole stellate di tutto il mondo.

E proprio a Savigno, ogni anno a novembre, torna Tartófla, Festival internazionale del Tartufo Bianco che richiama migliaia di buongustai desiderosi di gustare la profumata trifola nei ristoranti locali e negli stand allestiti per l’occasione.

Savigno, dal tartufo ai ristoranti stellati

A pochi chilometri da Bologna, Savigno e Valsamoggia fanno parte di un’area particolarmente vocata alla produzione agricola e all’allevamento del bestiame che, da sempre, alimentano tradizioni enogastronomiche dalla forte identità.

La bontà della pasta fresca ripiena è ampiamente riconosciuta e si arricchisce di condimenti corposi e saporiti a base di carne, cacciagione e selvaggina ma anche di ortaggi e di prelibati frutti dei boschi che in autunno raggiungono la maturità e la massima espressione. Da non trascurare i vini dei Colli bolognesi, il Pignoletto su tutti, dalle caratteristiche inconfondibili impresse dalle peculiarità climatiche e dai terreni sassosi, cretosi e ricchi di argilla.

Bologna Welcome, che si occupa di gestire la promozione turistica di Bologna e della sua provincia segnalando eventi, percorsi, aziende ed eccellenze del territorio, evidenzia come Valsamoggia stia esprimendo sempre più una spiccata vocazione turistica per la varietà delle opportunità, per la sostenibilità e la genuina predisposizione all’accoglienza.

L’agricoltura biodinamica di Orsi Vigneto San Vito

Vigneti Orsi San Vito (Foto © Facebook).

Si percepisce un racconto del territorio appassionato e appassionante nell’azienda Orsi Vigneto San Vito, gestita dall’imprenditore Federico Orsi che ha scelto la coltivazione biodinamica perché ritenuta più adatta ad esprimere il rapporto con il territorio. Non è un caso che l’azienda stia puntando proprio sui vitigni autoctoni ed in particolare Barbera e Negretto, per le uve a bacca nera, e Pignoletto, Alionza, Albana e Malvasia per quelle a bacca bianca.

È una filosofia che privilegia un ritorno alla tradizione, sia in vigna che in cantina. Le uve, infatti, vengono coltivate senza l’utilizzo di concimi o altri prodotti chimici mentre la fermentazione naturale beneficia di lieviti indigeni e non filtrati che restituiscono vini genuini e dal sorso schietto e convincente.

Ma la visione di Federico Orsi di un’agricoltura rispettosa della natura e delle persone si esprime anche nei campi e nell’allevamento degli animali. Dai dieci suini di razza Mora Romagnola allo stato brado, l’azienda ottiene carne per la produzione di una particolarissima Mortadella la cui ricetta speciale viene seguita direttamente dal titolare che si accerta che gli ingredienti selezionati vengano aggiunti nelle giuste dosi.

Due maiali di razza Mora Romagnola (Foto © Enzo Radunanza).
Salumi e formaggi dell’azienda Orsi San Vito (Foto © Enzo Radunanza).

Curatissimo l’orto che in ogni stagione mette a disposizione verdure e ortaggi destinati a ristoratori attenti e scrupolosi che ricercano una qualità alta.

Savigno e Sua Maestà il tartufo bianco pregiato

Ma la “Città Italiana dei Sapori”, come viene definita Savigno, è il tempio di Sua Maestà il tartufo, un prodotto naturale di cui si esistono cento varietà in tutto il mondo ma di cui l’Appennino bolognese offre esempi tra i più pregiati.

In particolare è il Tuber Magnatum Pico o tartufo bianco pregiato ad essere un vanto del territorio. Nel periodo autunnale, invade l’intera località con i suoi profumi mentre i ristoranti del luogo lo custodiscono con sacralità, servendolo sui piatti tipici della cucina emiliana, dalle tagliatelle alle lasagne, dalla polenta alle uova.

Trattoria Da Amerigo, una stella Michelin sal gusto “familiare”

Trattoria da Amerigo a Savigno (Foto © Enzo Radunanza).

Proprio nel cuore del borgo ha sede il Ristorante stellato Da Amerigo la cui storia inizia nel 1934. Alberto Bettini, oste di terza generazione, lo gestisce con professionalità e competenza ma rivelando un savoir faire spontaneo che gli consente di entrare in empatia con la sua clientela affezionata.

Da Amerigo è il luogo dove si respira l’atmosfera delle antiche trattorie, in cui i tavoli erano vicini, la luce bassa e gli aromi delle portate si mescolavano tra loro facendo sentire subito in famiglia.

Se oggi il menù si è evoluto verso piatti più creativi e particolari, resta il forte riferimento alla tradizione emiliana sia negli ingredienti che nelle preparazioni. Da un lato quindi si può scegliere l’iconico uovo al tartufo in cui albume e tuorlo sono presentati in diverse consistenze e ricoperti da una fonduta di Parmigiano e tartufo fresco, dall’altro non mancano le semplici tagliatelle al tartufo, la zuppa di castagne con funghi e ortaggi, le lasagne al verde di malva con ragù di caccia, le carni di Mora Romagnola dalla cottura sapiente e aromatizzate alle erbe e tanto altro.

Appennino Food: quando la passione fa crescere le imprese

L’esterno dell’azienda Appennino Food (Foto © Enzo Radunanza).

Se si desidera conoscere segreti e particolarità del tartufo c’è una realtà importante che da 33 anni ne promuove la cultura. Si tratta di Appennino Food a Savigno, azienda fondata da Luigi Dattilo e che oggi che occupa una cinquantina di persone (in prevalenza giovani) dediti alla lavorazione di un dono naturale che non deve essere mai dato per scontato.

Tuber Magnatum Pico o Tartufo bianco pregiato (Foto © Facebook).

L’appassionato imprenditore, racconta di come “il tartufo gli sia entrato dentro” grazie alla passione per i cani, e non lo abbia più abbandonato. Oggi Appennino Food è fornitore di tartufo fresco e lavorato per più grandi ristoranti del mondo, a partire dalla locale trattoria Da Amerigo al grande Alain Ducasse a Parigi o alla catena “Otto e mezzo” che lo chef Umberto Bombana ha fondato ad Hong Kong.

Quella di Dattilo è anche un’azienda da record visto che nel 2014 ha conquistato il Guinnes Wolds Record per aver trovato il tartufo bianco più grande del mondo del peso di 1,483 Kg. Si potrebbe pensare che questa rarità sia stata venduta a prezzi altissimi ma Dattilo, che gestisce l’azienda insieme al fratello, ha deciso di condividerlo con l’intera cittadinanza in una cena preparata da Igles Corelli il cui ricavato è stato devoluto per finalità sociali.

La caccia al tartufo con il lagotto romagnolo

Non si può parlare di tartufo senza ricordare la grande importanza che hanno i cani nella loro ricerca. Oggi si utilizza, almeno in Italia, il lagotto romagnolo perché si è rivelato particolarmente adatto a lavorare nei boschi.

Macchia con il tartufaio Maurizio (Foto © Enzo Radunanza).

Nell’esperienza con la cagnolina Macchia è stato molto divertente osservare come l’animale cerchi di compiacere il proprio conduttore e come tutto diventi un gioco. Il giovane tartufaio Maurizio ha spiegato: «Maccia ha un olfatto molto sviluppato, è una cagnolina concentrata sul gioco e non si allontana troppo, come farebbero altre razze. Quest’anno la ricerca è diventata più difficile perchè ci sono meno tartufi ma il cane riesce a trovarlo anche nei sentieri più tortuosi”.

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