venerdì 26 Aprile 2024
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L’inchiesta – Grappa, l’equilibrio che nasce dalla povertà (3)

Abbiamo parlato la settimana scorsa e in quella precedente delle origini “povere” della grappa. Ora vedremo come gli sforzi dei distillatori hanno portato a un prodotto di qualità superiore, in grado di affrontare le sfide del mercato nazionale e di aprirsi a quelli internazionali. Partiamo dalla distillazione vera e propria, che può avvenire in diversi modi a seconda che gli alambicchi funzionino a ciclo continuo o meno. Il principio della distillazione è unico, e consiste nel far bollire un liquido e nel raffreddare e condensare i vapori che si sprigionano. Ciò che cambia è il metodo con cui ogni distillatore sceglie la propria versione. Molti in Trentino hanno adottato il metodo discontinuo a bagnomaria. Ciò significa che le vinacce non vengono riscaldate dal fuoco diretto (che in effetti le cuocerebbe, come accadeva un tempo con grandissimi danni ai profumi…) bensì dal calore proveniente dall’acqua portata a temperatura in un’intercapedine posta fra la caldaia e la sorgente di calore, spesso vapore. In questo modo la vinaccia libera lentamente i vapori profumati, che vengono lentamente raccolti nella colonna a collo d’oca e – grazie a un gioco di filtri in grado di separare le sostanze più leggere da quelle più pesanti – condensano in un liquido chiamato “flemma”, a bassa gradazione e pieno di impurità. Questa viene ulteriormente fatta evaporare, consentendo la separazione della testa, del cuore e della coda in una nuova colonna.

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E’ questo, a tutti gli effetti, il momento cruciale della distillazione. Il mastro distillatore sa che fino ad una certa temperatura la vinaccia rilascia solo sostanze sgradevoli o tossiche che devono essere scartate: la “testa” (alcol metilico, aceto, ecc.). Poi esce la parte centrale, quella buona, chiamata “cuore” con i profumi e gli aromi gradevoli. Continuando la distillazione si ottengono ancora prodotti di scarto, la “coda“, che vanno eliminate al pari delle teste. Nel sottile gioco del taglio delle teste e delle code il mastro distillatore decide la qualità della sua grappa: tecnicamente esistono strumenti in grado di tagliare al momento più opportuno, ma il tatto, l’odorato, la vista e le sensibilità del mastro distillatore sono fattori ancora determinanti.

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Una volta finita la distillazione, ecco come le grappe prendono strade diverse. Dagli alambicchi, giova ricordarlo, escono sempre e soltanto grappe trasparenti. Dunque non sono le vinacce di un particolare vitigno a dare il colore ambrato alle grappe invecchiate, che insieme a quelle giovani formano le due grandi famiglie. La grappa viene detta “giovane” se viene imbottigliata al termine della distillazione o dopo un periodo di “risposo” in recipienti di acciaio o vetro. Non ha subito alcuna trasformazione e si presenta incolore, con un profumo delicato e con un gusto secco, franco, gentile e pulito. Quella affinata in legno (che può prendere il nome di invecchiata, riserva, stravecchia, ecc…) viene sottoposta a un periodo di invecchiamento di almeno 24 mesi in fusti di legno di rovere che le conferiscono il caratteristico colore da giallo paglierino ad ambrato. C’è chi tenta esperimenti (come il connubio con le botti di Porto, tentato da Marzadro) e chi prende altre strade, quelle delle grappe aromatiche (quelle ottenute da vinacce di uve aromatiche come Moscato, Traminer, Müller Thurgau) e aromatizzate (quelle ottenute dall’aggiunta di erbe, radici o frutta, in grado di cedere aromi e profumi).

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Veniamo infine i controlli. Quando il distillatore associato all’Istituto di Tutela ha pronta la propria grappa per essere imbottigliata, deve prelevarne quattro campioni e farli pervenire al già citato laboratorio d’analisi di San Michele all’Adige per l’esame chimico. Se la grappa rientra nei parametri chimici stabiliti, uno dei quattro campioni viene inviato alla Camera di Commercio di Trento, dove ogni 15 giorni si riunisce una Commissione deputata al controllo organolettico composta da due distillatori soci dell’Istituto, da un rappresentante del laboratorio e due esperti indicati dall’ANAG (Associazione Nazionale Assaggiatori Grappa). Se la grappa viene giudicata idonea al marchio, il socio potrà ritirare in Istituto tanti marchi numerati quante sono le bottiglie da 0,70 cl. che possono essere messe in commercio visto il quantitativo prodotto. La seconda fase dei controlli prevede l’acquisto, a campione, delle grappe con il marchio nei negozi, e la ripetizione dell’intero percorso. Una prassi rigorosa, forse unica in Italia, per assicurare al consumatore che la grappa del Trentino è di origine e qualità garantite.

(3-continua)

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