Per uno chef, il modo ideale per complicarsi la vita nel cammino verso la stella Michelin è… chiamarsela, facendo annunciare ai quattro venti di essere “pronto per conquistarla”. Eppure, in barba alla scaramanzia, c’è chi non si preoccupa di clamorose auto-gufate
Gli chef, si sa, sono persone generalmente scaramantiche. Un po’ come con l’allenatore che lotta per lo scudetto o con il cantante che si appresta a salire sul palco di Sanremo, chi conosce il settore sa bene di dover evitare accuratamente l’uso di alcune parole per evitare che l’interlocutore possa reagire toccando ferro o soppesando i pro e i contro della vita fino a consumarsi il cavallo dei pantaloni.
All’avvicinarsi dell’uscita della guida Michelin, ad esempio, è cosa nota che presso gli chef “papabili” della conquista di una stella quest’ultima sia una parola rigorosamente off-limits, per questioni squisitamente scaramantiche. In un mondo di invidie e rancori, la paura che qualcuno possa gufarla – come si dice in gergo – è tanta e tale che ormai nessuno chef dotato di senso della misura si periterebbe in auto-proclami sulla conquista della stella. Non a caso, un vecchio adagio ricorda di non vendere la pelle dell’orso prima di averlo catturato. Inoltre è noto che alla “rossa” non faccia affatto piacere che le si facciano i conti in casa, e che anzi spesso quasi si diverta a sovvertire ogni previsione.
Eppure nel mondo della ristorazione contemporanea c’è chi, in barba a ogni scaramanzia e a ogni buon consiglio di low profile, annuncia l’apertura del ristorante dettando senza troppi giri di parole quale sia l’obiettivo: “Siamo pronti a conquistare la stella Michelin”. Non faremo nomi, ovviamente, ma vale la pena raccontare di come una comunicazione quantomeno temeraria porti a chiamarsi la stella, il che è probabilmente il modo meno efficace di ottenerla realmente.
“Il giovane chef XXX – recita la mail che riceviamo e leggiamo con crescente stupore, poiché già dal titolo definisce il cuoco ‘alla conquista della stella’ – (…) è pronto per conquistarne un’altra”. Ora, magari poi alla fine la stella Michelin arriverà davvero sul bavero della giacca dello chef, che è indubbiamente un buon interprete. Ma la storia gastronomica recente è piena di iniziative imprenditoriali partite proprio con l’obiettivo di conquistare la stella per poi vedere chef e titolari consumarsi e tormentarsi in quel chiodo fisso come Gollum con l’anello di Sauron. Ecco perché crediamo che anche ai più bravi un po’ di sobrietà possa aiutare, mentre esordire annunciando la propria auto-candidatura alla stella Michelin non sia il modo migliore di portarla a casa.