I dati parlano chiaro: tra mosca e meteo, per l’olio Evo il 2019 è un’annata molto difficile. Lo chef Andrea Perini (Al 588) ci spiega come utilizzare al meglio quello che c’è
Tra la mosca e problemi meteorologici, il 2019 non passerà agli annali come quella con il miglior olio Evo degli ultimi anni. Sia in Toscana che in altre regioni tradizionalmente vocate, si parla di forte calo di quantità – ad esempio il 40% ad Arezzo – e di una qualità non brillantissima.
Non mancano gli esempi di aziende in controtendenza o che presentano novità: è il caso di Dievole, che lancia l’olio “Tocca Stelle”, un Chianti Classico Dop con sentori di mandorla, frutta secca e note verdi di erba tagliata e un leggero sentore di carciofo. “Un olio extra vergine chiantigiano – spiega il tecnologo dell’azienda, Matteo Giusti – simbolo del forte legame con la zona di produzione, dove Dievole produce da sempre olio e vino”.
Anche Capezzana ha raccontato al Cibreo il raccolto 2019 (30mila piante su 140 ettari) con le sorelle Beatrice e Benedetta Contini Bonacossi che hanno spiegato l’accordo mezzadrile stabilito dal fratello Filippo con i coltivatori del luogo: gli oliveti sono stati suddivisi in 100 lotti e ognuno di essi è affidato a una persona che ha l’onere di tutte le operazioni di lavorazione manuale in campo (potatura, raccolto e conferimento) a fronte del 50% del raccolto di cultivar Moraiolo e Frantoio con un saldo di Pendolino e Leccino. Con profumi fruttati medi – carciofo e erba tagliata, nocciola e un tocco di spezie – ha una prevalenza in morbidezza dolce, mentre l’amaro e il piccante sono appena accennati.
Intendiamoci, l’annata non è da considerarsi un disastro completo; dipende un po’ da regione a regione. Qualcuna ha perso solo in quantità, ad esempio, ma non in qualità: in Umbria la produzione, seppur non copiosa, ha dato ottimi risultati. “Il caldo e la mosca hanno dato grossi problemi in generale – spiega Andrea Perini, chef de Al588 di Bagno a Ripoli – ma chi produce con criterio e professionalità è riuscito ad ottenere buoni prodotti anche se non all’altezza delle annate migliori”. E proprio a Perini abbiamo chiesto come sfruttare al meglio l’olio Evo in cucina in un regime di scarsità di risorse.
Quanto influisce per uno chef avere un olio Evo di qualità da mettere nei piatti?
Tantissimo. Un buon olio può valorizzare i piatti nel loro complesso e/o esaltare le caratteristiche di alcuni ingredienti; può anche essere la nota di spicco, che dà carattere. Non dimentichiamo poi che un buon Evo non ha bisogno di essere utilizzato in grande quantità: se le sue note sono decise e definite, ne basta giusto un filo.
Qual è il range di prezzo per un olio Evo adatto a un ristorante?
Un buon olio non dovrebbe scendere sotto i 28/30 euro al litro perché i costi di produzione per produrre qualità sono alti se consideriamo tutte le fasi di lavorazione: cura della pianta e dei terreni, raccolta (cura del frutto che non va picchiato, calpestato, ammassato..), tempestività e modi di frangitura, conservazione. Alcuni oli hanno prezzi molto più alti perché hanno delle caratteristiche particolari; pensiamo a qualche varietà di difficile gestione (poche olive, poca resa, rarità) o modalità di raccolta (le colture intensive sono di più facile gestione).
Con il calo di prodotto che ci si aspetta, come si può ottimizzare l’uso dell’olio Evo in cucina?
Beh, possiamo utilizzare per le cotture gli oli di qualità inferiore o dell’anno passato e per l’utilizzo a crudo gli oli migliori. Inoltre, con l’olio vecchio si possono realizzare saponi o cosmetici di bellezza.
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