venerdì 19 Aprile 2024
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Pizzaman: storia di una pizza, e di come (nonostante tutto) riesce a piacere

Un giornalista non dovrebbe avere pregiudizi di sorta. Eppure, confesso, da Pizzaman non misi piede per anni senza alcuna remora. Colpa del nome, che mi evocava un prodotto da asporto di bassa qualità. Poi ho vinto le resistenze e sono entrato ad assaggiare una Margherita: avevo scoperto una piccola case history di marketing

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Lo so, un giornalista – specie se si occupa del settore enogastronomico – non dovrebbe avere pregiudizi di sorta. Eppure, lo confesso, in quel locale non ho messo piede per anni senza alcuna remora. Colpa del nome, quel “Pizzaman” che nella mente mi evocava un prodotto da asporto di bassa qualità, magari portato a domicilio da un fattorino. Poi ho vinto le ultime resistenze, e sono entrato ad assaggiare una Margherita: ebbene, a fine serata potevo affermare di aver scoperto qualcosa che – a mio dire, almeno – dovrebbe essere studiato nei libri di microeconomia come case history. Ho capito come un ristorante (anzi, una catena di ristoranti, in questo caso) possa avere successo nonostante più di un errore di marketing. Anzi, paradossalmente è la dimostrazione vivente di come a volte non servano packaging, slogan, brandizzazioni ecc… per avere il tutto esaurito ogni fine settimana.

pizzaman

Per chi non conoscesse “Pizzaman” la storia è breve: si tratta di una catena fiorentina di pizzeria ideata da Pasquale Pometto, che nel 2001 aprì la prima pizzeria del gruppo in viale de Amicis. Col passare del tempo, il successo è cresciuto sempre più fino a contare oggi sei locali (via Carlo del Prete, via Baracca, via Rocca Tedalda, via del Sansovino e via dell’Agnolo, oltre al già citato viale De Amicis) e una fama che precede ognuno di essi. Cosa c’è che non torna? E’ presto detto: la pizza – preparata con prodotti freschi di alta qualità e al giusto prezzo – è fatta esattamente come dovrebbe essere preparata in un mondo perfetto. Non troppo piccola da lasciare insoddisfatti ma nemmeno troppo grande da non poter essere agevolmente finita, non troppo alta da tradire la tradizione ma nemmeno quel sottile “frisbee” croccante che talvolta si incontra nelle pizzerie fiorentine; non troppo carica di ingredienti ma nemmeno essenziale nonostante una scelta precisa. Da “Pizzaman” nessuna pizza uscirà mai dal forno con prosciutto, wurstel, carciofi, uovo, funghi né tantomeno frutti di mare, tonno o cipolla. Le pizze sono una manciata, tutte variazioni su un tema centrale: pomodoro, mozzarella e basilico.  Anzi, in principio la scelta era su pochissime varianti (mozzarella dop, pomodori San Marzano, provola, olio extravergine, ecc…) mentre adesso sono state sdoganate le melanzane e il “panuozzo”.

panuozzo pizzaman

La scarsa scelta nel menù poteva essere un limite, avrebbe fatto storcere il naso agli aficionados del prosciutto o del salamino, ma così non è stato. Ed è una prima vittoria. Un’altra è riuscire ad avere successo con un nome – si torna sempre lì, che ci vogliamo fare? – che qualsiasi esperto di marketing avrebbe cassato seduta stante. E non finisce qui: diverse pizzerie sono “arredate” con una serie di disegni che rappresentano – dove non le donne formose e discinte che ormai abbondano nei luna park o sulle fiancate dei camion lungo la Salerno-ReggioCalabria – i luoghi comuni napoletani. C’è il Vesuvio, c’è il pizzaiolo baffuto, c’è Totò assieme a Maradona, ci sono gli spaghetti ca’ pummarola ncopp e così via. Eppure con un prodotto così eccezionale nemmeno un allestimento di dubbio gusto è riuscito a intaccare il successo di “Pizzaman”. Merito anche della buona e cortese abitudine di offrire ai clienti in attesa un piccolo assaggio, un boccone di pasta di pizza con un po’ di pomodoro, mozzarella e basilico.

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