A Prato ha da poco aperto i battenti il Mag56, locale a gestione familiare che unisce una bottigliera assortita con una cucina di ispirazione internazionale. Ecco perché potrebbe diventare il locale-cult della città laniera
Immaginate di varcare la soglia di un cocktail bar e di trovare davanti agli occhi una cucina a vista attrezzata come se fosse un ristorante. Oppure figuratevi per un attimo di avvicinare un cameriere e chiedere un tavolo per cena, ritrovandovi di fronte a un bancone da bar con una bottigliera decisamente assortita. Infine, pensate di andare a posare il soprabito proprio davanti a un caveau non dissimile da quello di una banca.
Ebbene, come mostrano le foto di Luca Managlia, proprio la commistione tra cocktail bar e cucina è la cifra distintiva del Mag56, a Prato, locale aperto da poche settimane è già candidato principe per animare le serate dei giovani pratesi. Ciò che rende non banale questo locale inizia dalla gestione: non il classico gruppo di amici né l’imprenditore del settore. Tutt’altro. Un’intera famiglia, che vive al piano di sopra. Già: mentre di solito i residenti pregherebbero, pur di non avere al pian terreno un locale notturno, nel caso del Mag56 è accaduto il contrario. La famiglia Sanesi, con un passato da pellicceri (o pellicciai? me lo sono sempre chiesto….) alle spalle, ha deciso di aprire un cocktail bar dove fino a qualche anno prima c’era la pellicceria di famiglia.
La crisi del settore ha convinto Antonella Sanesi a reinventarsi un business e trasformare il fondo in un locale, e se la figlia si è occupata del restyling – coinvolgendo anche un’artista brasiliana per realizzare il grande murales in fondo alla sala – il figlio ha trovato posto dietro al bancone, dove fanno mostra di sé etichette di distillati e liquori toscani, nazionali ed esteri. In cucina, invece, è stato chiamato il giovane Simone Coveri (in alto), con l’obiettivo di trovare una sintesi tra le diverse anime della cucina.
Da un lato il mondo delle cruditè – ostriche (da 3 a 5 euro/pezzo), gamberi, ceviche e tartare, sia di carne (fassona affumicata con pad choi e topinambur) che di pesce – e dall’altro piatti alla griglia (t-bone, dry aged, flank steak, filetti sudamericani), impreziositi dal forno josper, combinazione di forno e griglia che conserva il sapore e l’umidità negli alimenti grazie alle altissime temperature. Il josper viene usato anche per asado, guancia, salmone, polpo e persino baccalà, con prezzi tra i 16 e i 18 euro.
Sul fronte dei primi (12-18 euro), invece, il Mag56 oscilla tra i pici (cacio, pepe, limone e cozze) e il pacchero (con ragù di polpo e saké), fino alla “chitarrina bicolore” (gamberi di Mazara con la loro bisque, nero al lemongrass, burrata) e al risotto con ostriche e katsobushi (che avevamo trovato anche qui, sempre all’insegna della cucina fusion).
Il filo conduttore della cucina del Mag56 sono ingredienti esotici, quindi, inseriti su una base di paste tipicamente made in Italy. Connubio che si ritrova anche negli antipasti (8-14 euro) tra cozze mariner, buns al vapore e “mare anni ’90”. In ogni caso, forse la formula più intrigante per scoprire il Mag56 è concedersi il menù degustazione: 7 portate, dolci e cocktail a 40 euro, obiettivamente un rapporto qualità/prezzo decisamente conveniente.
Capitolo mixology: il Mag56 può contare su una notevole bottigliera, soprattutto incentrata sul gin, con una cocktail list studiata e divisa a seconda dei momenti di consumo, in cui non manca lo spritz con tutte le sue varianti e un’interessante carta di Negroni. In quanto ai signature, da sottolineare le rivisitazioni di alcuni cocktail da battaglia in versione gourmet come il Long Island portato a nuova nobiltà attraverso materie prime ricercate, o un utilizzo molto spinto della vodka che qui viene sdoganata mentre altrove perdura una sorta di demonizzazione.