Aria fresca e idee nuove viaggiano oltre e dentro i confini nazionali, nel menu estivo del 22enne Valerio Braschi, già vincitore di Masterchef 7. Dal suo ristorante 1978 sfida lo sblocco del lockdown convincendo a sedersi – sebbene a distanza – a tavola
Un menù fatto di assaggi che in bocca concretizzano un giusto equilibrio di sensazioni, quello del giovane chef romano Valerio Braschi, vincitore di Masterchef 7 e titolare del ristorante 1978: freschezza e acidità tirano il carro delle sue creazioni, mentre coraggio e stagionalità si confermano alla base della sua estrema attenzione e ricerca delle materie prime, già dall’amuse bouche. Esempio? Senza dubbio, la Finta ciliegia composta da fegato di wagyu cotto sottovuoto, aromatizzato con succo di ciliegia, alloro e spezie potrebbe coronare la torta di una spiccata creatività, a patto che sia completata del suo gel allo yuzu.
Guarda lontano, chef Valerio Braschi, e il suo Curry indiano di gamberi (foto in alto) ne sa qualcosa: Mazara del Vallo si sposa all’India in un curry caldo che sa ti tostato e di fatto a mano perché il suo non è un curry commerciale, in ogni dettaglio è lui a prepararlo.
Ma Valerio guarda anche all’Oriente che più ama, che più brama e lo fa inquadrandolo nell’impavida voglia di raggiungere i suoi obiettivi: Pho-men (foto in alto): soba (spaghetto di grano saraceno), uovo di quaglia al miso, carpaccio di anatra marinata, brodo Umami di anatra arrosto. Il piatto si pone giusto al centro del menù e delle sue ricerche, dei suoi sogni e delle sue sperimentazioni ben riuscite.
Eppure la memoria, il ricordo e l’affetto lo richiamano in patria, all’amore, alla sua amata e alla sua nonna: A Priscilla (foto in alto), bottone ripieno con liquido di parmigiano e tartufo, fondo di manzo, caviale di the Bancha, mousse di patate dolci e carote: questo è l’amore che invade i sensi, un amore giovane, sincero e devoto. Ragù della nonna è il piatto delle radici, della nostalgia, del profumo della domenica mattina e del pane intriso di felicità, olio e ragù di salsicce, appunto.
Qui Valerio si conferma pienamente lucido e abile nella realizzazione e presentazione dei piatti della tradizione nostrana, ad occhi chiusi in un boccone ci porta in quella cucina che tutti almeno una volta abbiamo vissuto momenti indimenticabili. Ma poi di nuovo un salto in alto con Lum-ici: lumache in beurre blanc, salsa al bagnetto verde, crema d’aglio dolce, alici cotte al cannello, lisca croccante, spugna di prezzemolo, cipolla in carpione e lattuga di mare. Terra e mare, tecnica e ricerca danzano in un delicato, ma non precario equilibrio.
In questo su e giù di sapori arriva il predessert, una zuppa di gelato al pepe sansho, con caviale affumicato e gel al bergamotto e poi – a seguire – il dessert: pane, olio e sale (foto in alto) a base di una namelaka al cioccolato bianco aromatizzata all’olio extravergine di oliva, con crostoni di pane tostato e sale maldon. L’idea della “tradizionale” e classica bruschetta salata che trapela però è di nuovo ribaltata dalle dolci coccole finali: una finta arachide di pralinato alle arachidi su una terra al cacao salato servito insieme al tartufino al cioccolato fondente con carbone vegetale e il croccante allo youzu con meringa all’italiana, ti lasciano il sospiro dell’ultimo salto. Nel vuoto? no, nel coraggio di guardare avanti. Oltre.