sabato 27 Aprile 2024
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The Bear: una serie TV capolavoro su ciò che accade nelle cucine dei ristoranti

Ogni puntata di The Bear è stata meticolosamente preparata, cotta a fuoco lento, ridotta, bilanciata e infine impiattata alla perfezione, proprio come in un gran ristorante.

Nessun titolo, nemmeno quello che introduce questo articolo, può efficacemente sintetizzare la complessità, la perfezione realizzativa, la molteplicità dei livelli di lettura di una serie TV come The Bear, la cui seconda stagione è in onda da qualche settimana sulla piattaforma americana Hulu, distribuita invece in Italia su Disney+. Partiamo allora dalla trama: Carmen “Carmy” Berzatto (Jeremy Allen White nel suo primo ruolo da protagonista dopo l’ottima performance in undici stagioni di Shameless) è un giovane chef stellato che torna nella sua città natale, Chicago, per farsi carico dell’hamburgheria di famiglia dopo il suicidio del fratello Michael (interpretato egragiamente, pur nelle scarse apparizioni, da Jon Bernthal). Carmy non solo deve fare i conti con il proprio dolore e il trauma familiare, ma deve affrontare i debiti irrisolti di suo fratello, una cucina fatiscente e uno staff indisciplinato.

L’intensità di una cucina di un ristorante, dalle sue scadenze al rush dell’ora di pranzo, e la necessità per tutti di conoscere il proprio lavoro e attenersi strettamente ai propri doveri viene catturata dalla scenaggiatura e in seguito dalla regia in modo esaustivo ed estenuante, grazie a movimenti della macchina da presa che seguono i personaggi nelle danze di dervisci tra i banchi della cucina. Non c’è un attimo di respiro, né per gli attori né per noi che guardiamo.

E se la prima stagione è un cammino lungo 8 puntate sul bordo della pazzia e del fallimento, con un deus ex machina nel finale degno di una tragedia greca, la seconda stagione è un tuffo nei burroni psicologici di ciascun personaggio, a partire dalla sous-chef Sydney Adamu (Ayo Edebiri che è anche produttrice) fino al “cugino” Richie (Ebon Moss-Bachrach), travolto dalla crisi di mezza età e dalla difficoltà di evolvere. Il picco si raggiunge nel sesto episodio, un flashback lungo un’ora in cui Carmy si ritrova nel cenone di Natale di dieci anni prima a casa sua, quando il fratello Micheal era ancora vivo: attorno alla tavola addobbata vediamo scoppiare tutte le contraddizioni e le cause dei traumi esplorati dalla prima stagione, e attorno a quella stessa tavola vediamo un cast stellare dare un contributo enorme in qualcosa che è ben più di un cameo: una gigantesca Jamie Lee Curtis, un attempato Bob Odenkirk (Breaking Bad e Better Call Saul), una raffinata Sarah Paulson.

La misura della qualità del prodotto la dà anche la presenza di altri grandi nomi dello star system: il premio Oscar Olivia Coleman, per esempio, o lo chef canadese Matty Matheson, felice sincretismo tra mondo della ristorazione e della recitazione. Menzione speciale merita la colonna sonora, che include delle leggende come i Pearl Jam, i REM, Wilco, i Counting Crows, i Radiohead e i Genesis.

Ogni puntata di The Bear è un esercizio di brillantezza cinetica, pressurizzata e propulsiva con occasionali momenti di immobilità che ti fanno vedere quanto è stato fatto per servire al pubblico un prodotto così delizioso: proprio come nella cucina di un gran ristorante, questa è una serie TV che è stata meticolosamente preparata, cotta a fuoco lento, ridotta, bilanciata e infine impiattata alla perfezione dal creatore Christopher Storer. Non resta che tuffarcisi a piene mani.

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Emiliano Wass
Emiliano Wass
Antropologo, docente universitario, consulente editoriale, traduttore e curatore. All'enogastronomia arriva dall'antropologia, convinto che il cibo sia l'unico vero elemento identitario delle persone. Ha svolto lavoro di campo in Messico, occupandosi di diritti e tradizioni indigene. Ha scritto su Finzioni, Doppiozero, Scrivo.me, Distillerie.it.

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