All’interno di Eataly Torino il ristorante stellato Casa Vicina tiene fede al suo nome non solo nella gestione familiare (Claudio Vicina e la moglie Anna ai fornelli, il fratello Stefano e l’altra figlia di Claudio, Laura, in sala) ma anche in una cucina che omaggia la tradizione piemontese
C’è tutta l’anima del Piemonte più autentico, nelle mani e nei piatti di Claudio Vicina. Lo chef stellato piemontese – la prima stella è arrivata nel 2002, ed è rimasta anche nel 2007, quando il ristorante Casa Vicina si è spostato all’interno di Eataly Torino, al Lingotto – è artefice di una cucina che guarda alla tradizione ma portandone i risultati ai livelli di un modello di ristorazione contemporaneo, con i suoi canoni e i suoi linguaggi.
Ci sono le materie prime tipiche e gli evergreen – dagli agnolotti alla bagna cauda, dalla cervella in pastella alla ricotta Sairass fino alla finanziera, al Rognone à la coque o ai Batsuà (i piedini del maiale) in pangrattato – e i tempi lunghi di cottura, come nel caso del sugo dell’arrosto. Ma c’è anche il tocco attento ai cromatismi nella presentazione dei piatti e alla leggerezza quasi femminile anche in portate che ti aspetteresti ben più impegnative, come la faraona novella composta in salmì con pane croccante al timo (foto in alto), cifra distintiva di un professionista che da oltre vent’anni porta sulle spalle con una certa disinvoltura il peso di quattro generazioni – ben 117 anni – dietro ai fornelli.
Già, perché se Claudio Vicina è in cucina insieme alla moglie Anna Mastroianni e alla figlia Silvia (più il sous chef Giuseppe Calcagno e il sou chef junior Alessandro Passini), in sala c’è il fratello Stefano con l’altra figlia Laura (più Stefano D’Elia), la storia della famiglia nasce nel 1902 nel canavese, in una vecchia stazione di cambio dei cavalli ad Ivrea: occorreva rifocillare viaggiatori d’ogni ceto, e Giovanni Battista Vicina Mazzaretto era già all’opera, insieme a nonna Amelia. In fondo, che dietro un ristorante ci sia una famiglia è garanzia di continuità. E ciò vale sia per un’osteria sia per un locale stellato, anche se trova spazio all’interno di una macchina complessa come Eataly.
E’ proprio qui, al piano interrato, che Claudio Vicina esprime il suo talento. Lo abbiamo verificato con una serie di piatti tratti dal menù degustazione, cinque portate a 85 euro, alternativa a una carta equilibrata e vocata al rispetto della tradizione piemontese. Si parte con la bagna cauda nel bicchiere, piatto ideato in occasione delle olimpiadi invernali di Torino 2006, con le verdure stratificate (a mo’ dei cerchi olimpici, nella versione originaria) e in cima l’acciuga. Colore e leggerezza nel rispetto della tradizione, si diceva poc’anzi.
E dopo il Tonno di coniglio grigio di Carmagnola e giardiniera di verdure in agrodolce, è la volta del fiore di zucca ripieno di collo di maiale rosolato, riso e verdure. Qui il cromatismo è sublime, nel ricreare intorno alla verdura l’intera palette di colori presenti nella materia prima, così come il ripieno sorprendentemente light.
Il viaggio nell’ortodossia piemontese di Claudio Vicina continua con un must, gli agnolotti pizzicati a mano al sugo d’arrosto, un misto di vitello e maiale cotto per diverse ore. Sfoglia morbida e sottile, cui fa da contraltare un ripieno leggero e un intingolo non eccessivamente grasso. Un piatto di cui è tutt’altro che facile, stancarsi.
Il richiamo di chef Claudio alla tradizione torinese non trascura nemmeno il dolce, con un pre-dessert che omaggia la “Cri Cri”, la caramella tipica cittadina rivisitata, prima di passare a un dessert col tiramisù, il torrone morbido e il gianduiotto su cui si adagia uno stencil della Mole Antonelliana. Un ultimo tocco d’eleganza in un menù che sa come essere di stile senza scimmiottare gli stilemi della tradizione.