venerdì 26 Aprile 2024
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Vino, in Leopolda quattro assi e una ricetta (riscaldata)

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Quattro assi del made in Italy, quattro “teste pensanti” dell’imprenditoria prestata – in un modo o nell’altro – al mondo dell’enologia. Quattro cervelli come Arnaldo Caprai, Francesco Illy, Francesco Moser e Oliviero Toscani, coordinati dalla giornalista Cesara Buonamici e riuniti sullo stesso palco da “Wine in Progress”, la kermesse che ospita il convegno nazionale AIS alla stazione Leopolda di Firenze. Parlando di ricette per far crescere il vino italiano e la sua notorietà nel mondo, però, la soluzione proposta dall’associazione come leitmotiv (e ripresa dai convenuti) è di quelle che un giornalista con familiarità del settore economico (quale è lo scrivente) ha sentito decine e decine di volte, negli ultimi anni. C’era addirittura una vecchia gag, tra i cronisti che dal 2002 in avanti partecipavano a conferenze stampa su temi economici: “Vediamo chi sarà il primo a dire le paroline magiche”. Tre parole che da lì a una mezz’oretta sarebbero puntualmente uscite dalla bocca di imprenditori, commercianti, sindacalisti e amministratori, ed erano: “Dobbiamo fare sistema”.

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Il canovaccio si è ripetuto anche stavolta, al talk show sul Wine Trend: la “ricetta” proposta ai magnifici quattro (senza alcuna ironia, nel proprio settore sono davvero quattro giganti) è stata la necessità di ricorrere a passione e curiosità, ma soprattutto la volontà di fare sistema. “L’AIS è come una grande famiglia fatta di delegati che svolgono sul territorio un’azione importantissima in quanto sono il più vicino interlocutore sul territorio con i soci – ha spiegato il presidente toscano Osvaldo Baroncelli al termine del talk show – ed è essenziale ricordarsi sempre che viaggiamo tutti nella stessa direzione e che quindi è importante fare le cose insieme perché possano avere successo”.

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Che fosse una provocazione era chiaro a molti, peccato che i quattro abbiano ribadito – magari con formule e parole meno banali – i punti salienti del discorso. E’ il caso di Oliviero Toscani: “Ognuno di noi ha una professione che poco ha a che fare con il vino – ha affermato il fotografo – ma è proprio questa diversità di esperienze che ci permette di dare una diversa prospettiva alla produzione enologica. Chi non è nato e cresciuto nel mondo del vino è più curioso e ha più motivazione e passione ad apprendere cose nuove. Oggi siamo troppo spesso condizionati ad avere marchi giusti per contare qualcosa. Ma dobbiamo capire che abbiamo potenzialità enormi perché se utilizzassimo la Toscana come marchio di riconoscimento condiviso sarebbe più facile far apprezzare i nostri prodotti nel mondo. Purtroppo  se non cambia la mentalità dovremo aspettare almeno altre tre generazioni prima che si riesca a fare sistema”.

“Cosa alimenta il mio entusiasmo? La tenacia – ha aggiunto Arnaldo Caprai, cavaliere del lavoro e “re” del Sagrantino di Montefalco – di potersi sempre migliorare e non sentirsi mai arrivati. Su questo fronte abbiamo ancora da imparare dai francesi ma dobbiamo renderci consapevoli che con le uve che abbiamo in Italia potremmo fare quello che vogliamo”.

Dal canto suo, Francesco Illy, produttore con il Podere Le Ripi, ha sottolineato come la curiosità crei cultura e gli strumenti per riconoscere come obiettivamente a un vino blasonato e molto costoso non sempre corrisponde qualità migliore rispetto a uno che costa meno ed è meno conosciuto. “La mia azienda dal 2010 pratica la coltivazione biodinamica – ha raccontato – e ho messo a punto un nuovo modo di coltivazione della vite detto a bonsai che ha permesso di raggiungere la produzione delle prime bottiglie in un terreno dove non c’era vite ma pascolo in soli 5 anni invece dei consueti 35”. 

Tra gli ospiti, anche il campione del mondo di ciclismo Francesco Moser, che da quando si è ritirato dalle gare nel 1987 produce vino nel Maso di Villa Warth in Trentino. “La mia famiglia in realtà si è sempre occupata di vino – ha spiegato – tanto è vero che la mia prima bicicletta me la sono comprata con i proventi della vendita della grappa. Già negli anni Cinquanta mio padre vendeva vino all’ingrosso, poi quando ho concluso la mia attività di ciclista abbiamo iniziato a imbottigliare”.

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