A Firenze da pochi giorni il Cibreo ha in mano la parte food & Beverage dell’hotel Helvetia & Bristol: il menù ricalca quello in Sant’Ambrogio, ma con una chicca in più: il Pikki Burger
Non c’è che dire, alla dinastia Picchi la fantasia non ha mai fatto difetto. Dal Teatro del Sale al Caffè, dal Cibleo al mercato C.Bio, i noti ristoratori di Sant’Ambrogio – con il padre Fabio che ha trasmesso al figlio Giulio la stessa verve – hanno mostrato di saper innovare sperimentando nei contesti più diversi. Non fa eccezione l’ultima avventura, di cui avevamo parlato qualche giorno fa: la gestione della parte food & beverage dell’hotel Helvetia & Bristol in via de’ Pescioni.
Al lavoro da pochi giorni, ma con già l’obiettivo di allargare gli spazi e replicare i fasti di Sant’Ambrogio per una clientela adeguata al tenore delle vicine boutique di Cartier o Stefano Ricci, il “salotto” del Cibreo replica – insieme alle stampe ai muri, marchio di fabbrica di Giulio Picchi – anche il menù del Caffè Cibreo, pressoché nella sua interezza.
C’è il club sandwich del Cibreo, la tartare di fassona piemontese, il tagliolino cacio & burro, le busiate col ragù di cibreo, le polpette di pollo e ricotta con pomarola, il gurguglione di verdure e via così, fino allo sformato di patate e ricotta col pesto (foto in alto) nella sua variante primaverile-estiva, rispetto a quella invernale con ragù o autunnale col tartufo.
Ma c’è una novità, che segna l’apertura del Cibreo al mondo dello street food: il Pikki Burger (sì, con le due K), a 27 euro. Si tratta – e già solo gli ingredienti giustificano il prezzo – di un panino con carne di fassona piemontese, bacon croccante, cipolle, formaggio, insalata, più due salse come la maionese homemade all’olio Evo e il “checiàppe”, la versione local del ketchup. A corredo, patate fritte in doppia cottura: prima nel forno con la buccia, poi – una volta lasciata evaporare quanta più acqua possibile – fritte, in modo da conservare l’effetto crunchy.
“Abbiamo portato qui in centro – racconta Giulio Picchi – un’idea che era nata durante il periodo del lockdown: volevamo inserire un burger che identificasse lo stile del Cibreo, e che proprio per questo motivo fosse in grado di reggere la consegna a domicilio senza perdere gusto, consistenza né piacevolezza”.