La creatività, si sa, è una dote che spesso viene riconosciuta a noi italiani. Non secondo l’UNESCO, almeno. Nel giorno in cui Parma si candida a far parte del network delle città creative del mondo, scopriamo che il nostro Paese non brilla affatto nelle graduatorie delle Nazioni Unite
Se c’è qualcosa che in genere viene riconosciuta appannaggio di noi italiani è la creatività. Questa attitudine collettiva, declinata in tutte le discipline in cui l’uomo può esprimere il proprio genus – musica, arte, design, gastronomia, letteratura e così via – è ciò che ha fatto grande il nostro Paese in settori come l’artigianato, l’agroalimentare o l’abbigliamento, dando vita a quel concetto di made in Italy riconosciuto a livello planetario che ancora oggi vale il terzo brand più conosciuto al mondo dopo Visa e CocaCola.
Eppure secondo l’UNESCO non siamo ancora all’altezza di dominare le classifiche globali. Nel giorno in cui Parma – la capitale della food valley italiana, di cui abbiamo parlato qui – si candida ad entrare a far parte del network delle città creative sul fronte gastronomico, scopriamo che sono soltanto pochi gli ambiti in cui le città italiane possono dirti competitive, almeno a detta delle Nazioni Unite. Ci sono Bologna, Torino e Fabriano, a fronte di 69 città di 32 Paesi.
Ci va bene nel campo della musica, ad esempio, dove Bologna è presente insieme a Siviglia (Spagna), Glasgow (Scozia), Gent (Belgio), Bogotà (Columbia), Brazzaville (Repubblica del Congo), Mannheim (Germania), Hanover (Germania) e Hamamatsu (Giappone). Va molto peggio nel campo della letteratura, dove il Paese di Dante, Petrarca, Boccaccio, Manzoni, Umberto Eco, Oriana Fallaci, Tiziano Terzani e Stefano Benni non compare insieme a Edimburgo (Scozia), Melbourne (Australia), Iowa City (Stati Uniti), Dublino(Irlanda), Reykjavik (Islanda), Norwich (Regno Unito), Cracovia (Polonia), Praga (Repubblica Ceca), Granada (Spagna), Heidelberg (Germania) e Dunedin (Nuova Zelanda).
E ancora: siamo nel novero nelle città creative per la Folk Art con Fabriano (mah…) insieme ad Aswan (Egitto), Santa Fe (Stati Uniti), Kanazawa (Giappone), Icheon (Sud Corea), Hangzhou (Cina), Paducah (Stati Uniti), Suzhou (Cina), Pekalongan (Indonesia), Nassau (Bahamas), Jingdezhen (Cina) e Jacmel (Haiti) e con Torino siamo invece rappresentati tra le città creative per il Design, con tutta probabilità grazie al Politecnico e all’effetto-Fiat. E dire che per il design sono state segnalate Berlino (Germania), Buenos Aires (Argentina), Montreal (Canada), Nagoya (Giappone), Kobe (Giappone), Shenzhen (Cina), Shangai (Cina), Seoul (Sud Corea), Saint-Étienne (Francia), Graz (Austria), Pechino (Cina), Dundee (Inghilterra), Curitiba (Brasile), Helsinki (Finlandia) e Bilbao (Spagna). Pur avendo l’Italia una ricca tradizione sul fronte della stampa, non siamo rappresentati tra le città creative per le Media Arts, dove invece trovano spazio Lione (Francia), Enghien-les-Bains (Francia), Sapporo (Giappone), York (Inghilterra), Tel Aviv-Yafo (Israele), Linz (Austria), Gwangju (Corea del Sud) e Dakar (Senegal).
Non siamo nemmeno tra le città creative per il Cinema, nonostante i vari Federico Fellini, Roberto Rossellini, Gabriele Salvatores o Giuseppe Tornatore. Chissà quali geni assoluti o festival partecipati esprimono invece Bradford (Regno Unito), Sidney (Australia), Sofia (Bulgaria), Busan (Corea del Sud) e Galway (Irlanda).
E veniamo al tema caldo del giorno, il fatto che Parma si sia candidata a unirsi a Östersund (Svezia), Zahlé (Libano), Chengdu e Shunde (Cina), Jeonju (Corea del Sud), Tsuruoka (Giappone), Florianopolis (Brasile) e Popayán (Colombia). Per ottenere la nomea di Città Creativa per la Gastronomia è necessario dimostrare di saper coniugare sviluppo sostenibile e rispetto delle tradizioni nel settore alimentare. La decisione verrà presa l’11 dicembre. Per il momento, l’ambasciatore d’Italia presso l’UNESCO Vincenza Lomonaco ha illustrato la specificità di Parma: «Città laboriosa e creativa, Parma è conosciuta in tutto il mondo per l’eccellenza delle sue produzioni enogastronomiche, che sono il retaggio di tradizioni secolari e di talenti custoditi e tramandati di generazione in generazione. Dietro i prodotti made-in-Parma si cela una storia che concilia tradizioni e innovazione, nel pieno rispetto dell’ambiente. Questo spiega perché Parma sia stata scelta dall’Unione Europea per ospitare la sede di EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare. In un momento economico particolare come quello attuale, penso che Parma, con il suo tessuto di imprese agroalimentari e un’identità culturale fortemente plasmata dalla gastronomia, possa essere considerata un modello di sviluppo unico al mondo, da imitare».