Oltre al “classico” Ruth’s, vegetariano, e al Ba’ghetto che sta per aprire nei pressi della Sinagoga, gli amanti della cucina kosher a Firenze possono assaggiare i piatti di Jean Michel Carasso e Michele Hagen al Tuskosher in via del Gelsomino
Da uno a tre nel giro di pochi mesi: per chi vuole provare la cucina kosher a Firenze, adesso le possibilità triplicano: oltre al “classico” Ruth’s, vegetariano, sempre nei pressi della sinagoga di via Farini sta per debuttare il Ba’ghetto dedicato alla cucina romana mentre da pochissimo ha aperto i battenti il Tuskosher in via del Gelsomino, nuovo capitolo dell’iconico ristorante “In fabbrica” all’interno del laboratorio di argenti di Gianfranco Pampaloni.
Insomma, tre stili diversi per assaporare la cucina kosher a Firenze con differenti varianti. Abbiamo assaggiato in anteprima il Tuskosher, che più che un ristorante di cucina ebraica in senso stretto si pone come una tipica trattoria toscana con preparazioni kosher. Questo, almeno, è l’obiettivo che si sono prefissati i due chef ingaggiati dall’estroso maestro argentiere, Michele Hagen e Jean-Michel Carasso, membri della comunità ebraica di Firenze. Come da prassi, il locale è diventato kosher di carne sotto la supervisione e con l’autorizzazione rituale del rabbino capo di Firenze Gad Piperno.
Situato nella ex mensa degli operai della fabbrica, al primo piano (sì, la stanza con il lampadario che va a formare falce e martello, ndF) il ristorante serve piatti della cucina toscana e fiorentina tradizionale, con qualche incursione nelle cucine della Diaspora. “L’intento – spiega Jean-Michel Carasso, già autore di Cucinare Lontano – è di colmare un vuoto in città per quanto riguarda la cucina toscana in chiave kasher: finora i turisti che venivano in città non potevano concedersi incursioni nella cucina locale”. A coadiuvare i due chef nella gestione del ristorante abbiamo Odette Sassone (sala e dispensa) e Filomena Ruggiero (Pasta fatta in casa, dolci e prodotti da forno). Attualmente il ristorante è aperto solo di sera e solo i mercoledì, giovedì e sabato, ma dalla primavera sarà aperto dalla domenica al giovedì, con spazi aperti.
Nelle foto di Luca Managlia e Riccardo Chiarini, tra i piatti della cucina kosher a Firenze abbiamo assaggiato il pastrami e la lingua salmistrata, insieme a rivisitazioni di piatti toscani una finocchiona fatta in casa (quindi senza nitrati, nitriti né acido ascorbico), una ribollita, il cous cous alla livornese (tradizionale per la comunità ebraica labronica), peposo, guancia di vitello e persino la zuppa inglese, il tutto – come detto – lavorato e preparato secondo i dettami della cucina kosher.
Questa, giova ricordare, si divide in due categorie: “carne” (bassarì) e “latte” (halavì) in base alla proibizione assoluta tratta dal Deuteronomio di mescolare la carne con i latticini. Nella cucina “di carne” non si usa nessun tipo di latticino animale, nella cucina “di latte” nessun tipo di carne, il pesce (ma solo quello con le lische, giacché molluschi e crostacei restano off-limits) essendo “neutro” ed utilizzabile nelle due categorie. I ristoranti ebraici kasher devono quindi effettuare la scelta tra le due categorie, imperativamente. Si applicano poi le altre numerose regole della kasherut che riguardano la scelta e il trattamento degli ingredienti autorizzati, i modi di lavorarli, gli orari di lavoro e così via.
Trattandosi di voler interpretare in chiave kosher la cucina toscana, Michele Hagen e Jean-Michel Carasso hanno scelto la categoria “di carne” che corrisponde meglio alla cucina tradizionale toscana. “Dobbiamo comprare la carne – confermano – da macellerie kasher autorizzate dal rabbinato locale, macellerie che vendono carni da animali abbattuti ritualmente e certificate kasher. Ma anche tutti gli altri ingredienti (bevande incluse) devono corrispondere alle regole della Kasherut, con la lista di tutte le materie prime depositata presso l’ufficio rabbinico fiorentino”.