mercoledì 24 Aprile 2024
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Da Gregorio Magno alla gaffe di Renzi con Bergoglio: i vini dei Papi e i Papi di… vini

La gaffe di Matteo Renzi che l’anno scorso ha donato vino toscano ad un Papa (quasi) astemio è lo spunto per un viaggio nel passato per scoprire come i papi vivevano i loro momenti di convivialità. Lo facciamo pubblicando un pezzo del gesuita padre Marcello sui vini dei papi, per gentile concessione di Carlo Galimberti

aspettando il giubileo - papa

Ma l’unico papa astemio l’ho trovato io?” Questo è il twitter che l’attuale presidente del consiglio Matteo Renzi avrebbe dovuto inviare dopo la gaffe dell’incontro con papa Francesco (non è proprio interamente astemio) a cui omaggia vino. Il grande guru della comunicazione, colto in flagrante, questa volta ha preferito il silenzio. La storia del Papato è ricca di ferventi amici del vino. A partire da Gregorio I il Grande (590-604) che ha, da sempre, sottolineato lo spirito immortale della vite e del vino partendo dal ricordo di Cristo ai suoi discepoli: “Padre mio è un viticultore. Io sono la vite, voi i tralci. Siamo tutti chiamati a lavorare per la vigna del Padre”. O il caso di Innocenzo III (1198-1216), grande statista e Papa temuto in mezza Europa che fece conoscere il verdicchio marchigiano a Roma. Martino IV (1281-1285), di origine francese, affogava nella vernaccia le anguille del lago: gli costerà un posto nella collocazione dantesca dei golosi nel Purgatorio (XXIV canto). Bonifacio VIII (1294-1303), amava i fasti della tavola e temendo avvelenamenti pretendeva che i bottiglieri rimanessero di fronte (coram domino) versando il suo vino preferito, il Cesanese del Piglio, prodotto nella nativa Anagni e abbinato anche alle bianche mozzarelle di latte di bufala.

Bonifacio

Clemente VI (1342-1352) regnando ad Avignone invece sceglieva il Chateauneuf. “Deve avere il C.O.S.: colore, odore, sapore” diceva con autorità Paolo III Farnese (1534-1549), universalmente famoso come il pontefice più esperto di vino di tutta la storia pontificia. Il suo bottigliere, Sante Lancerio, ha pubblicato un famoso testo, culto degli enoici, “I vini d’Italia giudicati da Paolo III Farnese”, nel quale vengono presentati i 104 vini più importanti d’Italia. Leone X (1515-1521) tenne famosi banchetti con i vini protagonisti assoluti. Ottimo bevitore fu anche Paolo IV (1555-1559) che annaffiava le numerose portate dei suoi cuochi con etichette anche straniere. “Il sommelier non deve contare quanti bicchieri beve Sua Santità, ma soprattutto non lo deve dire” ha scritto un collaboratore alla mensa di Gregorio XII (1552-1582).

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Cuoco segreto di Pio V (1566-1572) era Bartolomeo Scappi, considerato il Michelangelo della cucina, che descrive come il coppiere, detto anche pincerna, porgeva al papa il vino dopo averlo assaggiato. Andrea Dacci, medico personale di Sisto V (1585-1590) che in cinque anni di pontificato fece costruire a Roma cinque ponti, cinque guglie, cinque fontane e cinque nuove vie (fra cui via Sistina, Merulana e Labicana), annota in un suo libro, quasi sconosciuto ma tradotto dalla Confraternita del Barolo d’Alba, che il papa fece produrre bottiglie trasparenti per rilevare frodi commerciali. E non è stato il recente parlamento europeo a introdurre storicamente la tavola della provenienza delle uve, bensì Clemente VII (1592-1605) che fece dichiarare ai sudditi del Vaticano la quantità di uve e di vino prodotto.

Urban_VIII

Urbano VII (1623-1644) era solito, ogni volta che un personaggio di rango passava per Roma, far sostituire l’acqua delle fontane col vino. Lo stesso che dette l’assenso all’infame condanna del genio Galileo Galilei. Gregorio XVI (1831-1846) in scherzosa anti-tesi con Gregorio Magno, fu battezzato dal popolo Gregorio Bevo per il suo amore al vino Frascati. Pio IX (1846-1878), promotore dell’Università dei Commercianti del Vino, beveva Bordeaux. Leone XIII, il papa del Giubileo del 1900, curava personalmente la vigna pontificia, praticando innesti e potature, ma, considerato il prodotto finale, sulla sua tavola regnavano altri vini. Infatti come ebbe modo di sottolineare Pio XII (1939-1958) per “produrlo ci vuole competenza e professionalità”.

JohnXXIII

 

Con i muratori bergamaschi che gli approntavano l’appartamento Giovanni XXIII (1958-1963), il papa “buono”, in piena fratellanza, beveva Valcalepio accompagnato da sfilatini di pane e prosciutto. Più moderatamente sobri Paolo VI (1963-1978) e Giovanni Paolo II (1978-2005): il loro era un rispetto del vino come per tutta la natura. I 266 papi della storia della Chiesa hanno tutti avuto a che fare col vino molto meno Francesco. Che avrà prontamente augurato a Matteo Renzi di star sereno.

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