Rossini sarebbe stato un gran musicista senza essersi affaticato anche in cucina? L’interconnessione delle forme estetiche è alla radice della cultura: ce lo ricorda il volume “Le muse a tavola”
di Andrea Meneghel
Levava al Cielo l’anima sospirosa, oltre un anno fa, Paolo Isotta, scrittore piacevolissimo, elegante e ricercato, indubitabilmente colto. Le sue opere – fra cui si menziona con particolare riguardo La virtù dell’elefante (2014), La Dotta Lira (2018) e Verdi a Parigi (2020) – hanno segnato un’acquisizione fondamentale per la saggistica erudita italiana: specialmente quella che promuove una ricerca poliedrica, dinamica e al contempo fortemente unitaria. La musicologia si prestava, forse più e meglio di ogni altro campo del sapere, a promuovere un modello di cultura integrale ed eclettica, vocata alla pace degli opposti e al dilettantismo nel senso nobile del termine.
Sempre dal mondo della musica torna a brillare oggi un progetto non meno interessante, posto a giudizio di chi scrive sulla stessa coraggiosa linea di pensiero. Si tratta del volume Le Muse a tavola, recentemente pubblicato a nome del Collegium Musicum Vox Angeli. Il libro esplora inaspettati traits d’union fra le arti (musica, poesia, pittura, cinema, architettura, danza, scultura, fumetto) e la gastronomia (cucina, pasticceria, enologia, panificazione, mixologia), con un affetto particolare per la territorialità. L’associazione infatti, che ha sede nella provincia di Frosinone, si dichiara con simpatia orgogliosamente ciociara.
Legittimamente i lettori si chiederanno come possano stare i manicaretti in tutto questo. Stanno con molto garbo, a dire il vero, come isolotti gastronomici in un arcipelago artistico. Prendiamo a esempio il capitolo sulla Tosca: si parte dalla celebre aria della protagonista Vissi d’arte, vissi d’amore e, attraversando la vicenda del pittore Cavaradossi nel contesto della discesa di Napoleone in Italia, si conclude con il cocktail che omaggia la protagonista, accennando en passant un aneddoto sulle campane che ispirarono il compositore di Lucca, Giacomo Puccini, durante la stesura dell’opera. L’effetto generale è quello di una continua provocazione a vivere la vita come interconnessione di fatti ed esperienze, arte e cultura, animata con gusto e quanto mai lontana da un’indigesta abbuffata di nozioni.
Il libro del Collegium Musicum si inizia per curiosità, si continua per diletto, si conclude per amore; si compra, prima di tutto, con la consapevolezza di contribuire a una causa, quella dello sviluppo della sanità pubblica, a cui l’associazione corale volontaria devolverà i propri proventi. In sintesi, è un’opera consigliata per i palati – letterari oltre che gastronomici – esigenti, alla ricerca di una lettura alternativa e pregevolmente breve. Come i testi di Paolo Isotta, da cui siamo partiti, sono rivolti alle menti giovani, così questo volume parla specialmente ai giovani di tutte le età, per il modo con cui rinvigorisce la freschezza del sapere e del sapore.
Chi può dire fino a che punto un dipinto di Caravaggio sia ispirato a una cena fra amici? Rossini (nella foto) sarebbe stato un gran musicista senza essersi affaticato anche in cucina? L’interconnessione delle forme estetiche è alla radice della cultura. Le muse a tavola ce lo ricordano, prestando grande attenzione all’arte del particolare, all’accostamento armonioso del dissimile, a una vita alimentata con il buon gusto, anche culinario. Come una tela è qualcosa più dell’insieme dei fili che la compongono, così la cultura vale non tanto per le singole conoscenze che è in grado di riportare a memoria, quanto per il lucente intreccio che con esse riesce ad ordire.