sabato 27 Aprile 2024
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Tanotto, la tripperia vegana e gourmet di Firenze… o quasi

Innovare senza tradire: questo il segreto del successo della tripperia vegana Tanotto

Lo storico Alberto Grandi ci ricorda che ogni tradizione non è altro che un’innovazione che ad un certo punto ha avuto successo. Deve aver fatto sua questa lezione lo chef Gaetano Cerasuolo, in arte Tanotto, anima e motore dell’omonima tripperia vegana, nota alle cronache per il suo originale modo di consegnare i prodotti: attraverso un cestino – il noto panaro napoletano – calato da un balcone al secondo piano di Viale Guidoni 85, a Firenze, dove lo chef ha il suo laboratorio.

Abbiamo fatto due chiacchiere con Tanotto, curiosi in primo luogo di capire come fa una tripperia a dirsi vegana. Lo chef non nasce trippaio, ma cuoco di formazione, con diploma di scuola alberghiera, esperienza in Europa e in Italia, e approda a Firenze 13 anni fa, facendosi le ossa prima in Santo Spirito e poi all’Hosteria da Ganino in Piazza dei Cimatori. Diventato vegano 4 anni fa si forma al Joia, il ristorante stellato del celebre Pietro Leeman. Con questo pedigree non sorprende la sua definizione della tripperia vegana: “pensato gourmet, servito street food”. A partire dal pane, non la rosetta ma un’evoluzione del semel (o i’semmelle, come qualcuno ancora dice a Firenze), fino ad arrivare a una mistura di spezie ad hoc per guarnire l’ingrediente centrale dei suoi panini: i funghi.

Coerente con la scelta vegana e con una grande attenzione alla sostenibilità ambientale, Tanotto comincia in piena pandemia a rifornirsi di funghi alla Circular Farm di Scandicci, dove i funghi stessi sono coltivati su fondi di caffè di 30 bar fiorentini, secondo un modello di riciclo e rigenerazione. Nel tempo tuttavia, il successo dei suoi panini lo costringe a cercare altri fornitori per stare dietro a una domanda sempre crescente, e, fedele ai suoi valori di sostenibilità, i suoi nuovi fornitori sono tutti coltivatori biologici italiani.

Il fungo diventa quindi, grazie alla maestria di Tanotto, il materiale da modellare per mantenere la parte proteica del panino e riprodurre la forma, la consistenza e il sapore dei classici dello street food fiorentino, da sua maestà il lampredotto, alla francesina e alla trippa. E devi esserci davvero riuscito se le critiche più feroci gli sono arrivate dai vegani duri e puri, che hanno considerato i suoi panini “troppo simili (seppur totalmente privi di elementi di origine animale) agli originali”. Una reazione in effetti inattesa, ma che testimonia dell’attenta ricerca che c’è dietro ai panini nel menù di Tanotto: il Tanotto stesso, riproduzione del lampredotto; il Triip, versione vegana della trippa alla Fiorentina con tanto di grattugiato vegano; lo S-Guancia, uno stracotto che è l’incontro tra il peposo dell’Impruneta e la guancia, completamente vegetale e tirato lentamente a fuoco dolce nel Chianti biologico; e infine i’Francesin, un bollito sfilacciato con cipolla, pomodoro e salvia.

E i trippai storici fiorentini come hanno reagito, invece? Tanotto ci racconta che dopo una prima, quasi scontata, fase di scherno e talvolta persino di insulti, è riuscito pian piano a costruire una buona relazione con molti di essi (tanto da ipotizzare anche qualche futura collaborazione) e a far capire che i suoi panini altro non sono che un’innovazione rispetto a una tradizione fiorentina che il turismo selvaggio ha svilito con la moltiplicazione di bar e barettini che servono frattaglie e con una evidente riduzione della qualità generale dei prodotti.

Del resto i fiorentini sono particolarmente attaccati alle proprie tradizioni, anche se 9 volte su 10 non ne conoscono le origini e 11 volte su 10 sono pronti a tradirle per incassare qualche denaro in più (verrebbe da evidenziare come tradimentotradizione hanno lo stesso etimo, ma si rischia di andare fuori tema). Ci voleva allora un napoletano – sì, perché Gaetano Cerasuolo è in tutto e per tutto un napoletano, e di fiorentino ha solo l’affettazione con cui aspira la “c” quando pronuncia carne – per rinnovare senza tradire una tradizione gigliata.

I numeri, poi, gli danno ragione, a giudicare dalla fila che si forma 5 giorni su 7 di fronte al suo balcone, in strada. Proprio lì, peraltro, Tanotto ha restaurato e abbellito – in accordo con il Comune – una piccola aiuola, e vi ha fissato una bici-mensola su cui i passanti trovano un codice QR utile per ordinare online.

Personaggio vulcanico – non a caso -, imprenditore attento e creativo, chef di grande esperienza, Tanotto non vuole fermarsi qui: quando gli chiediamo dei progetti per il futuro ci racconta di un menù rinnovato e ampliato con quelle che lui chiama le “bestie vegane“, di prossime aperture (più di una e a stretto giro) e di un business model – fatto di marchi registrati e piani di autocontrollo – da consolidare e proteggere contro chi sta già provando a imitarlo.

Anche nello street food, allora, l’innovazione paga. Soprattutto quando non tradisce la tradizione.

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Emiliano Wass
Emiliano Wass
Antropologo, docente universitario, consulente editoriale, traduttore e curatore. All'enogastronomia arriva dall'antropologia, convinto che il cibo sia l'unico vero elemento identitario delle persone. Ha svolto lavoro di campo in Messico, occupandosi di diritti e tradizioni indigene. Ha scritto su Finzioni, Doppiozero, Scrivo.me, Distillerie.it.

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